
Vi capita mai di esclamare “Ma non può andare così!” oppue “Ma non è possibile!“, eppure quello che non vi aspettavate, poi, succede.
Mi assento qualche giorno e cosa succede? La Margaret Tatcher tira le cuoia (Amen), la Belén sgrava e mette al mondo Bernabeu …ah no! Santiago (poverina la sua farfallina…sarà diventata una farfallona con le ali flosce… e le avranno fatto un lifting alle piccole ali) e i 10 veri saggi organizzano una rapina in tangenziale a Milano che manco nei più fantasiosi e mozzafiato film polizieschi potreste vedere. Sta minchia.
Ma non era questo quello di cui volevo parlarvi, volevo parlarvi della magia della lettura, della belleza della carta stampata e del suo bellissimo profumo, quel profumo che mi piace respirare quando sono in viaggio da solo e che è segno di riconoscimento di un libro.
Ditemi quello che volete ma io proprio non riesco a leggere dagli e-readers: il libro a mio parere va vissuto, va sfogliato, sottolineato quando ne hai voglia, odorato e respirato a pieno.
E quante volte con un libro vi è capitato di non riuscire a smettere di leggere perché avidi di curiosità e di voglia di scoprire come finirà? E una volta arrivati alla fine vi è mai capitato di dire (magari anche ad alta voce nel cuore della notte come ho fatto io!) :” Ma! Ma non può finire così!” e siete rimasti con quel po’ di amaro in bocca perché non era così che avevate immaginato la fine, il personaggio non doveva fare quella tale scelta o cosa; il co-protagonista doveva avere un destino diverso.
Bene a me è successo con un meraviglioso libro che mi ha fatto rivivere in una sola notte il mio anno di vita a Lisbona ma riuscendo a portarmi in un Portogallo di fine anni 30 tenendo sempre attiva la mia bussola, senza mai perdermi.
Il libro in questione è “Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi. Ho sempre conosciuto Tabucchi come colui che dovevo studiare per la linguistica e la saggistica Portoghese… quindi gli ho sempre attribuito una certa pesantezza, ma così un giorno, per caso alla Feltrinelli lo trovo in offerta, volevo leggere qualcosa, e lo prendo.
Pereira è un po’ tutti noi con la coscienza pulita, persona giusta, onesta, acculturato, uno che ama il suo Paese in maniera smisurata ma viene preso per esterofilo, uno che vuole e prova a fare qualcosa per aiutare il proprio Paese che in crisi (una forte crisi socio-politica) ma che non riesce perché solo, perché ostacolato, perché – come sempre è successo e succede ancora oggi da noi – è comodo lamentarsi ma non fare nulla e lasciare che siano solo in pochi a cercare una soluzione, perché è comodo mandare gli altri a morire, perché è comodo che chi abbia testa e potenzialità debba abbandonare il Paese e cercare vita migliore altrove…perché l’omertà e la tolleranza ai soprusi fa di tutto il mondo un paese.
Pereira “sostiene”…ma cosa sostiene? Di fronte a chi lo sostiene? Una corte? Il proprio Dio? O il lettore? Ho il forte dubbio che egli sostenga le sue idee di fronte a se stesso, con difficoltà, provando ad ammettere le proprie colpe, paure, speranze e voglie: perché si sa bene che il più severo giudice di chi ha la coscienza a posto è proprio se stesso!
Il Dottor Pereira mi ha portato con lui in una città pronta al Salazarismo, raccontandomi di posti vissuti, visti, di odori sentiti ed emozioni provate, in strade e piazze affollate e in compagnia di persone che come me, come lui, come altre buone persone vogliono un Paese giusto per tutti, dove il potere non sia concentrato nelle mani dei politici che si arricchiscono a spese della gente, ma sia riposto nelle mani del popolo che possa esercitarlo tramite chi da esso è scelto civilmente e posto a rappresentarlo.
I fatti si svolgono il 25 Agosto del 1938 … così tanto tempo fa eppure tutto così attuale.