

La pioggia minacciava di rovinare la calma e il caldo di una serata dove il cielo di Milano pian piano si imbruniva e l’emozione mista ad ansia per l’inizio di una manifestazione così importante per il mondo LGBT cresceva e si respirava sempre più intensamente quanto più ci si avvicinava al Teatro Strehler.
Entriamo, la sala è piena e l’audience è ben assortita, e dopo poco ecco Giampaolo che prende la parola: il suo è un discorso sciolto, sincero e divertentemente serio che ti arriva al cuore. Parole di ringraziamento a chi con lui ha tanto lavorato per l’organizzazione di questo festival, a chi come lui ben 28 anni fa, ha creduto in questo progetto ma anche parole dure contro chi all’inizio ha tentato di impedire lo svolgimento di questo evento davvero importante. Non sono mancate parole di incoraggiamento nel vivere le proprie patologie, i propri amori, le proprie situazioni con orgoglio e coraggio, senza lasciare che la società ci lasci credere di essere malati e peggiori di tutti gli altri. Non sono riuscito a riprendere queste forti e commoventi parole perché ero troppo impegnato ad applaudire e ad emozionarmi, ma di seguito riporto un piccolo estratto degli interventi di Giampaolo e e del regista Bruce LaBruce.
Iniziano le proiezioni e la sorpresa è quella di scoprire che anche il RAP la musica tipicamente Machista, forte, rude, il beat della strada finalmente canta senza vergogna e senza mezzi termini di amori gay, e – per dirla con uno slang, ma nessuno me ne voglia – della sbatta a cui molti gay (non per forza effeminati) sono costretti a causa della società in cui viviamo. Un video irriverente e divertente che accompagna la musica e il testo degli Smania Guagliuns con la loro “Piaccio a Luca” e di seguito vi riproponiamo il video.
La musica (che in Italia è purtroppo tanto maltrattata da chi, dal governo, di cultura potrebbe far campare la nazione intera) lascia spazio al Film di Ester Martin Bergsmark – Something Must Break. Questa nuova pellicola del regista Svedese ci accompagna alla scoperta di una Svezia che non si vede nei documentari di viaggio, di una nazione come tante in Europa, dove la perfezione del modello scandinavo quasi scompare e si apre al dramma umano dell’amore: l’amore gay.
Il viaggio emozionale dei personaggi, Sebastian e Andreas corre sullo sfondo di una Svezia fatta di battuage e dark room, sesso impersonale e solitudine, purtroppo e troppo spesso, sentimento e situazione comuni a tante, forse troppe persone del mondo LGBT. Sebastian è un ragazzo bello e androgino che stenta a contenere il suo alter ego femminile, Ellie,( che “cresce tra le sue gambe” ad ogni passo sempre più forte) incontra Andreas, un ragazzo dark e affascinante che lo salva da un’aggressione nei bagni di una stazione dove Sebastian era alla ricerca di piacere occasionale.
Tra i due nasce un forte legame, quasi malato e insano, che li porterà a doversi confrontare con la dura realtà dei sentimenti e la paura di guardare alla specchio non soffermandosi però alla prima immagine che esso ci restituisce, ma guardandoci oltre…nel profondo. Ed è proprio lì che risiedono le nostre paure, le insicurezze che la società bigotta ci inculca: il bigottismo attecchisce bene a qualsiasi latitudine o longitudine del mondo purtroppo.
Ecco che il continuo e pesante tormento dell’imposizione arbitraria del dover dare un nome ad ogni cosa ed ogni singola situazione, piomba nella storia dei due personaggi che non si riconoscono come GAY: Andreas perché si definisce eterosessuale ed è spaventato da un sentimento così grande ed importante e per lui anche così nuovo; e Sebastian perché sa che in lui vive Ellie, una vera donna.
Tra inquadrature a paesaggi naturali urbani e immagini di sesso in una cruising dark room dove Sebastian (forse più Ellie in questo caso) ci viene restituito come una delicata e sensuale donna degli anni 20′ dalla pelle liscia e color porcellana, il film volge verso la fine portando gli spettatori ad una riflessione intima e molto forte: perché alcune cose funzionino, something must break.