
Io ho un problema: i film mi gasano troppo. Quando ne vedo uno particolarmente positivo, mi ci immedesimo così tanto da cominciare a prendere decisioni random dettate dalla “morale della favola”. Di solito però non duro 5 giorni. Mi successe all’epoca con “Yes Man”: per ben due giorni ho detto di si a qualsiasi cosa mi proponessero per non precludermi più nulla nella vita; per poi scoprire al secondo giorno di essere già esausta ( e che fondamentalmente non era successo niente di nuovo ).
Qualche anno fa ho visto il film “The Bucket list” o nella traduzione italiana “Non è mai troppo tardi”. E’ la storia di due malati terminali ( Jack Nicholson e Morgan Freeman ) che si conoscono in ospedale e decidono di stilare una lista delle cose da fare ( per lo più rimpianti ) prima di morire; non fatte per paura, mancanza di tempo e quant’altro. Inutile precisare che sono corsa a prendere carta e penna a scrivere le cose che fino ad allora non avevo fatto ma che avrei tanto voluto – ho 25-26 anni, se inizio adesso sono ancora in tempo per fare mille cose -.
Così inizio a pensare alle cose impensabili:
- Imparare una lingua nuova
- Chiudere situazioni sentimentali messe in stand-by da 10 anni ( non l’ho ancora fatto )
- Pilotare un aereo
- Studiare all’estero
- Imparare a suonare la chitarra
- Fare il cammino di Santiago
- Varie ed eventuali
La lista era lunghissima ed a parte imparare una lingua nuova ( prima il portoghese e poi il tedesco ) o a suonare la chitarra, non ho fatto nemmeno il minimo tentativo per portare a termine una di quelle cose: la lingua nuova l’ho mollata dopo una settimana, la chitarra poco dopo. La parte interessante della questione è che a ripensarci adesso, di cose invece ne ho fatte, ma senza pensare assolutamente alla Bucket List; mio cugino mi ha fatto pilotare il suo aereo anni dopo, sono andata a studiare all’estero, ho corso per più di 10 km ( ma la maratona non l’ho mai fatta ), sono dimagrita 15 kg invece di 10 ed alla fine, finalmente, ho fatto anche questa esperienza.
Partenza alle ore 5:30 di un nebbioso venerdì mattina, in macchina con F. si guida tra le autostrade dritte olandesi, con una radio che passava solo musica anni 90’ ( bella per carità, ma a ‘na certa… ); sognanti nuove avventure. Prima tappa Norimberga, per prendere due suoi amici e proseguire poi per Monaco. Compriamo le schifezze necessarie, tra cui 2 energy drink che F. si è bevuto senza battere ciglio in rapida sequenza. Io mi attacco ai biscotti ed al mio thermos di caffè americano. La nebbia è fitta e le strade vuote, la radio passa un improbabile All that she wants degli Ace of Base. Ci prende bene, lui parla molto, io la mattina sono più silenziosa ( diciamo pure che ho il rodimento di culo cronico ). A metà del primo pacco di biscotti ( che nel sistema internazionale di unità di misura si potrebbe quantificare in circa 160 km ) varchiamo il confine, si passa quel tratto di nessuno dove nemmeno la radio sa quali frequenze agganciare e che quindi alla fine preferisci spegnere, dove le autostrade fanno pure un po’ schifo e ti chiedi anche “si ma.. che strano, i tedeschi di solito sono quelli precisi”. Il paesaggio lentamente cambia e decidiamo di riaccendere la radio. All that she wants degli Ace of Base, ridiamo e perché no, la cantiamo di nuovo. Dopo pochi km inizia il dramma: la Salerno-Reggio Calabria versione tedesca si apre all’orizzonte ( con l’unica differenza che questa probabilmente fra 6 mesi è completata ). Quattro frecce per avvisare l’intoppo, tanta pazienza ed una 20ina di km di fila davanti a noi. Venti. Mi guardo attorno e noto che anche le ruspe qui vengono parcheggiate in maniera ordinata, il paesaggio è bello, la compagnia anche. Perciò basterà avere pazienza ( ma anche no ).
Verso le 14 arriviamo finalmente a Norimberga, dove ci aspettano M. ( un ragazzo brasiliano ) e N. ( una ragazza tedesca che ha rimediato l’alloggio a Monaco ). Due persone splendide, la giornata piena di sole, ci preparano le lasagne al ragù più buone di sempre, e si riparte verso gli altri km di fila. F. si addormenta, io canto All that she wants, che per l’occasione hanno ripassato alla radio per la 5a volta. Finalmente arriviamo a Monaco, ci sistemiamo ed ordiniamo 4 pizze, M. tenta d’insegnarmi Jammin’ di Bob Marley con la chitarra ( con risultati piuttosto deludenti ), ci beviamo un’intera cassa di birra come riscaldamento per il giorno dopo e poi tutti a dormire: domani sveglia alle 7:30, alle 8:30 dobbiamo stare all’Oktober Fest.
Sabato.
Tutti gasati per la grande giornata ci prepariamo ed andiamo a fare colazione al bar. Per sentirmi un po’ più parte integrante del tutto ordino un pretzel con burro ed il mio fidato caffè americano.

Ben svegli e come da programma, alle 8:30 eravamo lì, quattro ragazzetti che prima di fare qualsiasi passo verso la perdizione, decidono di comprarsi dei cappelli tipici. Questa volta non per integrarsi, quanto più per omologarsi al turista medio. Perciò eccoci con dei cappelli che rimarranno appesi al muro per sempre, pronti ad entrare nel tendone dell’HB. Da fuori si sentono boati da stadio, una cameriera vestita in maniera tradizionale ci sfreccia a destra con un vassoio pieno di polli arrosto e poco dopo un’altra a sinistra con una dozzina di birre ( le portava tutte da sola ). Eravamo disorientati, tutti per la prima volta lì. Da lontano sento la gente esultare o fischiare – ma che cazzo succede, giocano una partita di champions li dentro?- così entriamo nel capannone: un casino incredibile, una distesa di tavoli e si, quella specie di tifo arrivava proprio da lì. A turno si alzavano delle persone in piedi sul tavolo, tiravano il litrozzo di birra in alto e chiaramente la sfida era finirlo tutto. La gente si riuniva attorno a lui ( o lei ) e tifava. La gloria o l’oblio dietro ad ogni sorso ( che poi, parliamoci chiaro, pure sta gloria non è che durasse poi tanto ). Alle 8:30 erano già tutti ubriachi, alle 10 ho preso il mio primo litro di birra ed il mio secondo pretzel ( stavolta gigante e senza burro ). Una band inizia a suonare dei pezzi tedeschi popolari, intervallati da
Ein Prosit, ein Prosit
Der Gemütlichkeit
Ein Prosit, ein Prosit
Der Gemütlichkeit.
( ci ho messo tutta la giornata per impararla ). Ad ogni modo, si fanno le 14 come se niente fosse ed io esco e vado in stazione, perché precisamente alle 14.26 arrivava da Roma un pezzo del mio cuore. E riconoscerlo lì, tra mille passanti, è stata una sensazione indescrivibile. Sapete, sebbene qui mi trovi molto bene, non avere qualcuno che conosca il tuo passato delle volte è frustrante. Il tempo e le esperienze condivise con gli amici ti levano il grande sforzo di doverti far conoscere attivamente, di raccontare il tuo passato come se non fosse stato realmente vissuto. Vederlo li mi ha fatto sentire conosciuta.
Anyway, torniamo all’oktober fest e spendiamo 2 ore e mezza ( mica spiccioli ) in fila per tentare di rientrare. Alla fine delle quali la febbre si insinua nel mio testone capellone e ci rompiamo letteralmente il c… vabbe’ avete capito.
Così ci sediamo fuori ed abbiamo conosciuto IL MONDO. Svizzeri, tedeschi, italiani. Un botto di italiani. E’ stato un vortice di persone, risate, tutti uniti da quel grande boccale da 1 litro. E’ stato bello. Verso le 20 siamo rientrati dentro, stravolti, la musica andava e finalmente passavano musiche conosciute. La febbre però andava, la stanchezza anche e dopo un giro sulle macchine a scontro la giornata termina alle 23. Cotti, stravolti e lessi.
Il giorno ci sono toccate 13 h di viaggio in mezzo al traffico più nero.
Come? quanti litri di birra ho bevuto?
…la versione ufficiale recita 1 o 2 boccali. Atteniamoci al testo e lascio spazio alla vostra immaginazione.
It is a night for passion
But the morning means goodbye
Beware of what is flashing in her eyes
She’s going to get you
All that she wants…