
Adoro viaggiare e nonostante la mia immensa fobia per le altezze che mi condiziona a tal punto da farmi quasi cagare sotto anche affacciandomi dal quinto piano di uno stabile di medie dimensioni, il cielo, gli aerei, i voli sono il mio canale di spostamento preferito.
E ironicamente, (ora lo so che direte “ma questo ce l’ha tutte lui!?”), soffrendo anche un po’ di claustrofobia ho bisogno di stare vicino al finestrino per guardare fuori e sentire meno la sensazione di chiusura del veicolo aereo.
Guardare fuori dall’oblò mi fa sentire – stupidamente – libero, senza barriere e tranquillo come se potessi avere tutto sotto controllo in caso di problemi: ma tanto poi ogni qual volta ci sono forti turbolenze fisso le ali dell’aereomobile e sperando che nulla si spezzi o prenda fuoco, comincio ad immaginare le peggiori scene da film thriller dove L’ala colpita da un fulmine o in pieno vuoto d’aria, si spezza e l’aereo comincia la sua rovinosa caduta vorticosa verso il basso. Ed é in quei momenti che assumo l’aspetto “viso calmo, tempesta in corpo”, provando a dare sfoggio della mia mascolina sicurezza nella bravura del capitano e nella resistenza del veicolo, e cercando di non sparare urla di panico che di mascolino non hanno nulla!
Ma arrivando al succo del discorso, il viaggio per me é sempre una nuova scoperta, un modo per confrontarmi con nuove culture, nuove abitudini: mangiare solo cose del posto e provare almeno a spiccicare due parole della lingua del posto in segno di apprezzamento a chi vi abita e mi accoglie nella propria città é per me fondamentale. Sono un tipo di turista anomalo: adoro visitare tutto ciò che lil posto ha da offrire ma mi piace provare a farlo alla maniera di chi vi abita, senza divenire quel turista invadente e fastidioso.
Purtroppo gli italiani non sempre riescono ad essere questo tipo di turista, sopratutto quelli con qualche soldino in più da spendere: arrivano informandosi su nulla di ciò che é possibile fare e vedere nel luogo in cui ci si reca, e danno poca importanza alla cultura e identità del posto.
L’altro girono a Lisbona ero con Ale a fare colazione alla Padaria Sāo Roque in Rua da Rosa, nel Bairro Alto, e improvvisamente entrano queste quattro turiste italiane -dal l’accento direi che fossero Lombarde – e senza nemmeno pensare che forse scambiare i portoghesi per spagnoli sbagliati fosse offensivo, una di loro – quella che credeva di essere piú gnocca tra le gnocche – si rivolge ad un’impiegata in Spagnolo pretendendo che la capisse e le rispondesse in Spagnolo.
Ci sono poi quei turisti che manco si sforzano di parlare una lingua differente dall’italiano, come una famiglia che il giorno seguente all’uscita dalla solita panetteria dopo colazione mi ferma urlandomi “scusa! Lá [indicando la panetteria da cui uscivo ] croissant, buono? Caffé? Mangiare bene?!”… Immaginate me in quel momento: irritato sì, perché mi sentivo trattato come un ebete e con molta sufficienza incurante, ma avevo una risata pronta a scoppiarmi in bocca che non ho trattenuto, esplodendo in una grassa e goduriosa risata in faccia e aggiungendo: ” sí, andate
e abbuffatevi, si mangia benissimo!”
Ma il peggio sono quei turisti che a cena vogliono fare quelli fighi andando a mangiare in posti tipici, che fanno grosse tavolate per fare casino tra di loro senza curarsi dei commensali, e pretendono sconti o fanno le pulci al conto (di conti ridicolosamente bassi come qui a Lisbona) e che indossano solo cose griffate e che dopo cena hanno già organizzato di andare al Casinò a giocare alle slot! Siete ridicoli, ci spalate solo vergogna in faccia!
Ma d’altra parte come pretendere di avere una popolazione educata al turismo quando noi stessi che in Italia potremmo campare di turismo non abbiamo infrastrutture adatte, dove la maggior parte di noi non parla un inglese decente (non dico Oxfordiano, ma che ci si faccia capire), dove anche i nostri ministri del turismo dormono e fanno suppliche ai paesi membri (video sotto docet) facendo letteralmente scappare i turisti dal nostro invidiabilissimo patrimonio turistico e culturale?
La smetto col mio soliloquio, ma vi lascio con una domandina: voi che tipo di turisti siete? Cosa odiate degli altri turisti quando viaggiate?
Ditelo con un commentino qui sotto 🙂
Ciauz
Io personalmente odio quelli che sentono la necessità di fare fuori patria ciò che non farebbero mai dentro: “tanto nessuno li mi conosce”
Il problema che questi ebeti non capiscono è che sta gente ha una memoria, potrà non ricordarsi di te come persona, ma si ricorderà di te come italiano dando via ai classici luoghi comuni.
E per inciso, mi ballano il tango argentino sugli zebedei anche quelli i quali credono che gli sia tutto dovuto.
Per quanto mi riguarda, ogni volta che sono fuori cerco di essere sempre quanto più cordiale e piacevole possibile per cercare di lasciare un feedback positivo e anche per non farmi rovinare la permanenza da eventuali sgradevoli episodi!
Tesoro, quanto siamo simili e come ti capisco! Ti dirò di più: spesso faccio finta di non essere italiano perché – e mi fa malissimo dirlo – spesso provo una pena ed una vergogna tale che me ne scosto da questi idioti e mi “mimetizzo” con la gente del posto o con quelle culture che mi sono più simili (leggi: Portoghese e Irlandese)
Ciao, Teo! La dimensione odeporica del tuo dire è meravigliosamente intensa ed emotivamente molto partecipata. Chiedi che tipo di turista sono, che dirti? Fra tutto ciò che avrei da dire mi limito soltanto ad una considerazione: ho avuto i conati di vomito quando, lo scorso gennaio, a New York e nei pressi di Times Square un gruppo di italiani mi chiedeva d’indicare loro un ristorante italiano perché stavano facendo la fame da tre giorni. Ecco l’esempio verace e lampante del provincialismo e della stupidità che, spesso, ci appartengono. In genere io cerco di essere sempre cordiale e gentile, curioso ma senza risultare invadente o cafone. Del viaggio amo lo spirito che ne sottende le dinamiche che, ahimè, purtroppo devo constatare non sia tratto comune. Grande Teo!
Ciao a te Rocco. Io sono Raffa 🙂 Teo è un grande è vero e si occupa della rubrica di recensioni sui libri e sui film.
Come puoi capire in questo blog a parlare sono sempre i sentimenti: siano essi divertiti o anche infastiditi dagli eventi, ma lasciamo uscire quello che abbiamo dentro senza però essere irrispettosi degli altri.
Purtroppo l’italiano medio (e l’Italia, ahimè, ne ha fin troppi di cittadini sotto la media delle decenza culturale e intellettuale) viaggia credendo che la sua è la cultura giusta, che solo la propria è la cucina buona e lo spirito di adattamento è pari a zero se non sotto zero. Non viaggia in hotel che non abbiano bagno in camera anche se deve farsi pelare come una patata per i prezzi proibitivi; non mangia in ristoranti che non servano cibo italiano anche se spesso di italiano non hanno niente; non prova a parlare la lingua del posto credendo che l’Italiano sia universalmente parlato… una vergogna. Il tuo adattamento e la tua umiltà nell’usare uno spirito di viaggio “sostenibile ed educato” è davvero apprezzabile e quasi rara per noi Italoidi.
Raf, che onore e che piacere ricevere un tuo cenno al mio commento. Converrai che, almeno per quell’uomo medio cui abbiamo fatto riferimento entrambi (e cui, senza voler apparire ciò che non sono, spesso appartengo pure io, sia chiaro!) mettersi in gioco anteponendo i sentimenti al resto è un’azione estranea; è più facile censurare, o anche soltanto giudicare ciò che non ci espone in maniera personale e diretta anziché guardarci dentro per essere migliori fuori. E tutto ciò è tipico di chi ha paura perfino di sè stesso. Per intenderci, se e quando viaggio preferisco trovare alloggio in soluzioni tipo appartamento o B&b nelle quali è più facile interagire con persone comuni,, amo mangiare tutto ciò che è tipico del luogo (ecchissenefrega se per una settimana non mangio il pane o la pasta o non bevo il caffè espresso!) ed amo scoprire i posti meno battuti nel tentativo di comprendere il più possibile del luogo nel quale mi trovo. Certo, non sarò un turista modello nemmeno io e il mio inglese farà acqua da tutte le parti ma, come dire?, l’importante è partecipare senza inficiare la gara! Grazie per le tue parole e, davvero, spero d’incontrarti ancora. Di più e meglio! 😉