Hunger Games: Il canto della rivolta – parte 1

Se noi bruciamo, voi bruciate con noi.

E’ finalmente uscito il terzo (e penultimo) film di Hunger Games, “Il canto della rivolta – parte 1”. Come appare chiaro fin dal titolo, il terzo e conclusivo libro della saga ideata da Suzanne Collins è stato diviso in due pellicole (quella appena uscita anticipa l’ultima, prevista per il prossimo autunno): tale scelta mi aveva fatto arricciare e non poco il naso, perché speravo che una volta tanto il marketing restasse fuori dalla compiutezza di un’opera, ma tant’è.

Il film, come sempre, riparte esattamente là dove era finito quello precedente senza nessun tipo di riepilogo: quindi per i più smemorati si consiglia una ripassatina alla trama prima di entrare in sala, perché poi non ci sarà spazio per le domande.

Tutti vorranno baciarti o ucciderti. O essere te.

Il film racconta di come Katniss, sopravvissuta nuovamente agli Hunger games ideati per ucciderla, stia preparandosi alla rivoluzione contro Capitol City, guidata dalla Presidente Coin del Distretto 13 (una meravigliosa Julianne Moore). Proprio qui, si addestra e tramite spot sovversivi incita i ribelli di tutti i distretti ad alzare la testa, uniti contro il presidente Snow. Così, mentre Peeta è ancora nelle mani dei nemici, la nostra Katniss dovrà vedersela con un nuovo mondo, un mondo nel quale lei stessa dovrà rappresentare la forza della protesta. Ma a quale costo?

Sicuramente, questa nuova pellicola si discosta parecchio dalle precedenti: è più cupa, più militare, volendo rimanere (giustamente) molto fedele al romanzo da cui è tratta. L’azione dei primi due film lascia qui spazio a quello che in molti punti sconfina piacevolmente nel thriller psicologico, in cui la mente di Katniss si trova in bilico tra passione politica e amorosa. I tempi dei giochi sono finiti e bisogna lasciare entrare nella vita di tutti i giorni la guerra, quella vera, fatta di attacchi a sorpresa, di comunicati clandestini e di incitazioni alla rivoluzione.

Siamo quindi ben lontani dai lustrini e pajettes della Capitol City che avevamo imparato a conoscere: i nostri protagonisti (leggi Peeta) non vanno più in televisione per appagare la sete di vuoto che Panem sembra richiedere, ma per lanciare annunci, proclami, richieste di cessate il fuoco o avvisi dell’ultimo secondo a scappare. E forse sta proprio qui il punto di forza de “Il canto della rivolta – parte 1”: la scintilla lanciata dai primi film ora si fa più matura, diventando un incendio che infiamma le coscienze di tutti, anche di chi guarda il film; non si è più spettatori di un reality horror, ma si è diventati carne viva di un mondo di cui sentiamo di fare parte e con cui condividiamo le paure, le speranze e l’amore. Ormai sappiamo tutti cosa prova Katniss, conosciamo le sue ferite, e ci basta un niente per sentirle nostre. Ormai conosciamo tutti l’amore di Peeta, e possiamo quasi leggere nei suoi pensieri quello che sta passando e quale sia la natura del suo tormento.

E’ questo, probabilmente, che ci fa amare così tanto “Hunger Games”: ci rende partecipi. Della voglia di cambiare le regole, del bisogno di riordinare la vita, anche a costo di quello che amiamo di più, dell’amore, del rischio, della morte.

In attesa dell’atto finale.

Voi siete già andati al cinema a vederlo? Cosa ne pensate?

Aspetto vostri commenti qui sotto nei commenti, oppure –come sempre- alla mia mail matteo@ilpuntoh.com 😉

Matteo
 

La locandina del film
La locandina del film

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