Cosa resta di Charlie Hebdo

Gli attentati terroristici sono una ferita che colpisce l’intero paese. La comunità si sente violata e stuprata della propria sicurezza. Per molti anni le persone che direttamente o indirettamente sono venute a contatto con la tragedia portano dei traumi anche  molto pesanti: la paura di salire su un mezzo pubblico, l’agorafobia, il terrore di entrare in un negozio, la necessità di trasferirsi dalla grande città al piccolo paesino di provincia. Allo stesso tempo gli attentati portano un’altra eredità: il senso di unità, proprio perché violentata la comunità si risveglia e sente la necessità di urlare più forte che “noi ci siamo e ci saremo sempre”.
Il senso delle marce e veglie che in tutta Europa (e nel mondo) hanno accompagnato in maniera silenziosa quel Je suis Charlie è proprio questo: un sentimento di unione con le vittime, il bisogno di ricordare all’estremismo che a fronte di pochi attentatori milioni e milioni di persone sostengono i bersagli di quel vile gesto. Il Je suis Charlie assume un valore maggiore poiché sta a sottolineare il sostegno alla libertà di stampa e di espressione per eccellenza: la satira, nonostante molto spesso raggiunga e superi il limite della blasfemia non può e non deve essere toccata in quanto simbolo e sinonimo di quei principi fondanti la Republique.

Domenica, la Francia ha  risposto con una marcia della libertà che ha registrato numeri impressionanti, e certamente la storia non dimenticherà. Il ministero dell’interno francese stima una partecipazione tra i 2 e i 3,7 milioni di individui, oltre 40 capi di Stato e rappresentanti di Governo e altre centinaia di manifestazioni simili si sono tenute in contemporanea nel resto del globo. Insomma il mondo ha urlato a gran voce che non si lascerà intimidire.

Dopo le bellissime manifestazioni di libertà e di pace, dopo le meritatissime medaglie che Hollande consegnerà ai caduti (gira moltissimo anche Je suis Ahmed, il poliziotto caduto nell’attentato), dopo il vertice di sicurezza tenutosi poche ore prima della manifestazione, dopo i vari proclami anche del mondo musulmano che vede minacciata la propria religione dal fondamentalismo e dal fanatismo; dopo tutto questo cosa resta di Charlie Hebdo?

Sappiamo che uscirà anche questo mercoledì e tutti i mercoledì a venire. Sappiamo che la redazione superstite è attualmente ospitata da Libération, ma sappiamo anche che quell’attentato ha dato il là ai nostri di fondamentalismi. La Lega lepeniana ha, ad esempio, subito parlato di una necessaria stretta all’immigrazione, tappandosi le orecchie quando si ricordava che gli attentatori erano a tutti gli effetti francesi. Marine Le Pen ha urlato a gran voce la necessità di reintrodurre la pena di morte, come se cambiasse qualcosa a chi vede la morte come un martirio necessario per andare in paradiso. Gli ultraconservatori riesumano le parole di Oriana Fallaci che vedono l’islam come un nemico visibile (e invisibile) che ormai ci ha sopraffatti tutti. Alcuni capi di Governo chiedono di riconsiderare i accordi di Schengen.

No, quello che Charlie Hebdo ci ha insegnato è che il peggior pericolo per la libertà è l’intolleranza. Non si dice di porgere l’altra guancia, le cellule terroristiche vanno scovate e smantellate una ad una; pare  che un errore fatale commesso dai servizi segreti francesi sia stato quello di aver sottovalutato i Kouachi: era noto infatti il loro legame con Al Qaeda e con altri terroristi francesi. E’ necessario che vi sia un’intelligence europea che coordini i sistemi di sicurezza dei singoli stati, per fare un esempio, dopo l’11 settembre le indagini del governo americano hanno mostrato come l’assenza di comunicazione tra CIA, FBI e NSA abbia giocato a favore degli attentatori. E’ sempre più importante avere un’Europa che non sia solo di vincoli di bilancio ma dei popoli, che riunisca in sé difesa e politica estera.

E’ quindi oggi più che mai necessario ricordare che sì siamo tutti francesi anche perché siamo tutti europei; figli di quell’Europa che ha dato nascita al mondo libero e pensatore. Non dovremmo permettere a nessuno di separarci o di renderci intolleranti. Non abbassiamoci al livello di chi vuole costruire un muro tra noi e loro.

 

3 thoughts on “Cosa resta di Charlie Hebdo

  1. Mi trovo d’accordo in pieno con tutto ciò che hai detto: il problema è la grande ignoranza che regna sovrana tra molte, anzi troppe persone! E ciò che mi irrita ancora di più è che tutti vogliano a tutti i costi far ricadere la colpa sulle religioni: ma deoh bonino, volete capire che di religioso qui c’è solo un retroscena che fa da ignobile scusa motivatrice di atti IGNOBILI??? e poi, mi domando: se gli USA sapevano già che i fratelli Kouachi erano in black-list dei voli in entrata in USA, perché non hanno passato queste informazioni anche all’Europa? Perché tra gli stati europei pare vigere solo un rapporto monetario e non di vera e propria cooperazione anche nel passaggio di informazioni dei servizi segreti? Sono cose che davvero non capisco, e stento a spiegarmi.

    1. Raffy anche la Francia li conosceva bene ma, ancora non si sa bene perché, da sei mesi non erano più dei “sorvegliati” speciali.

  2. Eccomi! Diego, bel pezzo e ti facci ovviamente i miei complimenti., Hai ragione, ed anche io condivido come Raffy. Epperò qualche domanda dobbiamo pure porcela, è pur vero che dietro l’azione folle e sconsiderata degli integralismi e dei fanatismi religiosi sovente si (mal)cela una gigantesca e planetaria azione economico-politica fatta di milioni di dollari, di petrolio, di armi e di eserciti che si fanno e si disfano a seconda delle diverse esigenze del Risiko globale. Non ho mai sposato le tesi della guerra tra religioni ma che esista una forte azione di contrasto all’Occidente mi pare più che evidente sin dai tempi della Guerra Fredda, probabilmente anche prima. Sono un cristiano (fatto male e con connotazione intermittente), il Cristianesimo nel corso della sua bimillenaria storia ha annoverato tra le sue fila milioni di pazzi scatenati e folli omicidi ma oggi, nel 2015, nemmeno i più integralisti dei cristiani sarebbero capaci d’imbottire di tritolo dei ragazzini di 10 anni e farli saltare in aria come veicoli di morte. La sanguinaria follia della jihad e l’idea di essere considerato un “traditore” da riconquistare alla fede in Allah a me fa paura, ma davvero; ed anche se la jihad, ovviamente, non è l’Islam io comunque non riesco ad essere sereno. E’ un mio limite, lo so, e sono qua a chiedere il vostro conforto ed il vostro aiuto a superarlo. Me la dareste una mano?

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