CambioCanale S02E07: Forte Forte Forte, il nuovo fallimento firmato Rai

Negli ultimi anni abbiamo assistito alla proliferazione sulle varie emittenti televisive di programmi sul modello del talent scouting: capostipite è American Idol, il più longevo, nato nel 2002, che ispirò la nascita di Xfactor nel 2004, poi di America’s Got Talent, di The Voice nel 2010 e del (forse) meno noto ¡Tú sí que vales!, e non voglia il Cielo che me ne sia dimenticato qualcuno.

Il meccanismo alla base di questi giochi è quanto mai semplice: aspiranti artisti si cimentano in prove di canto e/o ballo e/o pagliacciate da circo di vario genere con la speranza di sbancare il lunario; e c’è da dire che qualcuno ci è pure riuscito, basti pensare a Mengoni, Emma o Noemi.

Depauperata di XFactor, ormai sbancato con successo sulle reti Sky, e in pausa da The Voice of Italy, la Rai non poteva riannunziare all’ultima trovata nel settore, ideata da Japino e della Raffaella nazionale [Carrà, n.d.r.], che decide di celebrare la creazione affidandole il titolo di uno dei suoi più celebri album (e dell’omonima canzone), Forte forte forte.

Così per una sera a settimana, per due mesi e mezzo circa, giovani più o meno talentuosi potranno vivere il sogno di sfondare nel mondo dello showbiz o almeno in quello televisivo. Il meccanismo di selezione e di gara è oramai più che collaudato: quattro giudici (Joaquín Cortes, Asia Argento, Philipp Plein e la suddetta Raffaella Carrà, che ha peraltro abbandonato The Voice), 14 concorrenti – in via di selezione nel corso delle prime tre puntate – e prove di ballo, canto ed improvvisazione.

Ecco che ancora una volta la Rai dà prova di un’effettiva incapacità di darsi una veste nuova, proponendo un format trito e ritrito farcito di siparietti anni Settanta, senza dubbio apprezzabili, ma che dimostrano quanto la televisione di Stato sia rimasta fissa a modelli che forse funzionavano quando l’Italia era nel pieno del boom economico e al Governo c’era la Democrazia Cristiana. L’esempio più lampante di questo perbenismo retrò è indubbiamente l’audizione della drag queen, accolta tra riferimenti omofobi quali “sei brava-barra-o” oppure – direttamente dalla bocca della Carrà – “Guardate che elementi ho creato”.

Confesso che, dopo questo preambolo, speravo di poter bilanciare la pars destruens con il talento dei concorrenti, che almeno in questa prima puntata si sono rivelati il punto più basso di questo raschiatissimo fondo di barile che è Forte Forte Forte. Tralasciando le soggettive valutazioni che mi portano a domandare come mai abbiano respinto alcuni giovani che risultavano nel complesso gradevoli per prendere dei giovinetti inesperti, stonati e scoordinati, mi tocca constatare amaramente che nessuno si sia distinto realmente come potenziale talento. Forse lo scopo del programma è stato travisato da alcuni dei concorrenti, che speravano di essere presi solo perché “sono un vulcano di energia” o “sono sempre stato il clown della classe”.

Un fallimento su tutti i fronti insomma, tanto per i concorrenti quanto per i giudici, che paiono più un’accozzaglia di personaggi capitati lì per caso, spesso totalmente incapaci di formulare giudizî obiettivi e concreti.

A tutto ciò si aggiungerebbe infine un presentatore, Ivan Olita, che però ha giocato a nascondino per tutta la puntata, comparendo sì e no per una ventina scarsa di minuti.

Come qualcuno ha argutamente fatto notare su twitter, vedendo che fine hanno fatto personaggi come Heather Parisi e Lorella Cuccarini, tramontate assieme al siglo de oro della tv italiana, era proprio necessario creare un programma che sfornasse nuovi aspiranti volti del piccolo schermo inevitabilmente votati al fallimento?

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