Moschino impact: cosa c'è dietro a McDonalds e Barbie

Quante volte vi è stato detto “Cresci un po’!” “Sei sempre il solito bambino! Prenditi le tue responsabilità!”?

Personalmente, credo di aver perso il conto di tutte le volte che mi è stato urlato contro (velatamente o meno) una frase del genere e mi sono sempre chiesto il perchè! (Magari dopo che ho finito di giocare con le costruzioni vado a chiederlo alla mia maestra…)

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Che male c’è ad essere rimasti con la fantasia di un bambino? A non aver occupato tutta la testa con fumo fatto di pessimismo e problemi della vita reale? Divertiamoci! La vita è una sola ed è un gioco!

Uno che la pensa sicuramente come me è Jeremy Scott, da quasi un anno nominato direttore creativo della casa di moda italiana Moschino.

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Non passa di certo inosservato un tipo così, e devo ammettere che neanche i vestiti che disegna.

Sono praticamente passati alla storia i capi ispirati ai camerieri del Mc Donald’s o gli smile di Whatsapp stampati sulle tute dei modelli per la collezione maschile della scorsa stagione, e per la prossima non siamo messi meglio…

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Devo ammettere che appena vidi la sfilata ispirata ai fast food e al loro cibo spazzatura, ho gridato alla boiata colossale come quando Nostra Signora Alfonso Signorini affermò di aver avuto una relazione con Valeria Marini.

Passi la cover di patatine fritte, le borse a forma di chiodo in pelle o addirittura a forma di bicchiere… tutto molto simpatico, davvero, ma una maxi maglia rossa con una M gigante gialla o una tuta stampata con bandiere da tutto il mondo con un mega smile, no.

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Ho pensato che fosse un oltraggio al buon gusto, anni e anni di lavoro su eleganza e stile per approdare a questa cafonata?

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Caddi nel baratro e nella depressione, cominciai ad odiare Jeremy Scott e chi lo seguiva, a insultare chi spendeva 110€ per una tshirt bianca con su scritto “Non parlo italiano ma parlo Moschino”, ma poi ho pensato, ho ragionato e ho iniziato a studiare questo fenomeno come un vero Alberto Angela studia da vicino fossili e carcasse di armadilli.

Mi sono chiesto il perché di questo successo, di questa Moschino-mania e mi sono informato.

Il creatore della casa di moda in questione, Franco Moschino, negli anni Ottanta ha fatto storia: è andato contro tutti i possibili stili dell’epoca, andando controcorrente e sfidando chi faceva dettami su cosa andava bene e cosa no, mescolando mix ad ironia. Una vera mina vagante.

Le campagne pubblicitarie dell’epoca possono dare un’idea di ciò che voglio dire:

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Riallacciandoci al discorso iniziale, il vivere nel mondo dei bambini aiuta Jeremy Scott ad incarnare quello che è il vero DNA della maison italiana, e ce ne ha dato conferma ancora una volta con la collezione estiva per la quale si è ispirato al mondo perfetto e plastico della Barbie, facendo sfilare le modelle con un mega parruccone biondo e con abiti di plastica tutti dai colori sgargianti.

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Moda è divertimento, moda non è per forza trovare un significato artistico-filosofico-trascendentale ad una collezione; moda può essere benissimo esattamente ciò che vedo: Barbie e McDonald’s, divertimento e spensieratezza, tempo libero.

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Sia per la collezione estiva che per quella autunno-invernale è stata creata per i partecipanti alla sfilata una collezione flash con alcuni dei capi must appena visti; risultato: tutto esaurito in pochi minuti.

È la conferma che prendersi troppo sul serio spesso stanca e che giocare con stili diversi ed ironia può essere la carta vincente: l’azienda Moschino ha fatturato quasi il doppio dall’arrivo di Jeremy e punta sempre più in alto.

È stato lanciato il primo profumo della maison, confezionato all’interno di un orsacchiotto come quello che Franco Moschino ideò in un cappello venti anni fa: successo clamoroso.

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Non dico che ora veneri Moschino ed il suo stilista, ma perlomeno lo comprendo e mi diverto a vedere cosa si inventano stagione per stagione.

Moschino è sicuramente marketing e pubblicità (perché se Katy Perry o Anna Dello Russo o Chiara Ferragni postano su Instagram una foto con la cover di patatine fritte, è chiaro che diventa automaticamente l’oggetto del desiderio di molti) ma a Jeremy Scott va anche il merito di ricordare quanto una passione per la moda rimanga prima di tutto, appunto, una passione.

Moschino - Runway - Milan Fashion Week Womenswear Spring/Summer 2015

3 thoughts on “Moschino impact: cosa c'è dietro a McDonalds e Barbie

  1. personalmente Moschino è un marchio che a me piace da sempre… ma alcune cose prodotte proprio non le sopporto: la cover a forma di pacchetto di patatine del McDonald’s … ORIBBBILEEEEEE!

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