
A chi non è mai capitato di camminare per strada ed incrociare il passo spesso incerto di tanti che, esattamente come noi, anziché tenere lo sguardo in avanti sono assorti, nella loro serafica ed imperturbabile impassibilità, sugli schermi dei loro smartphone o dei loro tablet immersi in chissà quali e quanto appassionanti visioni correndo peraltro il serio rischio d’andare a sbattere contro qualche palo? Per la cronaca, a me è successo -e non poche volte- non soltanto d’aver incrociato gente del genere ma anche d’aver sbattuto contro un qualche ostacolo, che fosse un palo segnaletico o un cestino per la spazzatura davvero ben poco importa.
A chi non è mai capitato di sedere al tavolo di un pub, di una pizzeria, di un ristorante o anche di una sala da the ed incrociare le espressioni assolutamente atone di chi, anziché intrattenersi con i propri commensali, preferisce immergersi in improbabili divagazioni virtuali immaginando magari di trovarsi in lieta compagnia a prendere il sole su una spiaggia delle Maldive o a fare shopping sull’affollatissima Fifth Avenue o, perché no, a lasciarsi coccolare nel rassicurante ambiente di uno stabilimento termale a Budapest e quasi del tutto ignaro di ciò che accade accanto a lui?
A chi non è mai capitato di trovarsi in una discoteca, in lounge bar o in qualche locale di svago, magari mentre si gusta un aperitivo, ed approcciare o abbordare qualcuno grazie alle estreme facilitazioni che ci vengono dalle decine di app di cui i nostri Iphone sono zeppi? Ed ora vi voglio, chi è senza peccato scagli la prima pietra!
A chi non è mai capitato di viaggiare in treno ed accorgersi di quanto desolante sia osservare intere carrozze piene di viaggiatori muti e intenti a smanettare con quei cosi infernali che, ormai inesorabilmente, impediscono qualsiasi forma di socializzazione e per quanto spesso proprio quel tipo di socializzazione durante i viaggi in treno era più indesiderata che altro?
E a chi non è mai capitato di ricorrere a whatsapp o a telegram o anche a skype o a messenger per parlare con una sorella, con un amico, con la madre, con il fidanzato o la fidanzata, con il cugino nel peggiore dei casi lontani da noi poche centinaia di metri?
Quanto è cambiata la nostra esistenza in seguito alla prepotente affermazione di questi nuovi, sovente mostruosi e terribilmente maliardi, strumenti di comunicazione? Quanto è cambiata la qualità delle relazioni interpersonali e di tutto quell’intricato reticolo di rapporti sociali che vedono l’uomo protagonista ed attore da sempre? E chi di noi potrebbe dire, sottoscrivendo un’affermazione di verità, di essere del tutto estraneo alle dinamiche che regolano e governano queste nuove forme di comunicazione e d’interazione?
Scusatemi se questa volta vi farò troppe domande ma è ovvio, d’altronde, che le domande che rivolgo a chi avrà voglia di leggermi le faccio, in primis, proprio a me stesso nel tentativo, che spero non sia vano, di trovare qualche risposta. E non vi nascondo che io ho paura delle risposte a queste domande, delle risposte che posso dare io e di quelle che, in genere, potrebbe dare la società contemporanea che, ahinoi, rischia veramente di diventare un ammasso quasi informe di milioni di monadi chiuse nei loro mondi e che affidano le loro aperture all’esterno quasi esclusivamente alla tecnologia e ad internet. Beninteso che non è affatto mia intenzione criminalizzare questi mezzi –ché io stesso ne sono fruitore ed utente compulsivo al limite della patologia- ma non posso (né, forse, possiamo) esimermi dal fare qualche attenta riflessione sull’intera questione rubricabile, nel complesso, come un’evoluzione straordinaria della comunicazione in tutto il mondo occidentale.
Spesso ho la sensazione che la ragione (ragione?) che sottintende tutto ciò sia la potenza illusoria ed immediata del possedere tutto, e magari pure subito, senza la necessità di doversi preoccupare della ricerca di percorsi e strumenti che, magari, potrebbero garantirci i medesimi risultati ma con maggiori fatiche e sacrifici.
Paradossalmente internet ha abbattuto ogni distanza fisica e materiale innalzando però degli altissimi muri tra le persone che, per comodità, scelgono le vie virtuali istantaneamente più appaganti ma quasi sempre più mortificanti nel medio e lungo periodo; e la società contemporanea vive il paradosso, perfino più grave, di una facilitazione estrema di qualsiasi interazione sociale alla quale spesso corrisponde l’inaridimento di qualsiasi vis poetica nei legami interpersonali e di ogni estro legato alle percezioni sensoriali che una volta regolavano le nostre azioni riuscendo a suscitare in noi le emozioni più inattese e devastanti.
Detto ciò, e sperando di riuscire, con voi, a dare qualche risposta a queste domande, ve ne pongo un’ultima: chi di voi sarebbe capace di rinunciare anche soltanto per un solo giorno al proprio smartphone per riappropriarsi di spazi e tempi che non ci appartengono più? Io lo confesso: non ne sarei capace.
Mentre scrivo, davanti al pc e col sottofondo musicale dei Radiohead, a destra ho il mio Iphone e a sinistra il mio Ipad: un occhio a whatsapp ed un occhio a Twitter e Facebook. Sono malato!? E nessuno di voi vuol prendersi cura di me?
Bene! Anche per oggi credo d’aver terminato, ora aspetto i vostri commenti e magari le vostre terapie e le vostre cure; non lasciatemi solo in questa valle di lacrime. Scrivetemi a rocco@ilpuntoh.com o cercatemi sui social. Non mi risparmierò!
Ciauz!
Sai Rocco, io credo si tratti di un normale -forse troppo stridente con il concetto di essere sociale che è proprio dell’essere umano – atto di avanzamento sociale e scientifico. Non è poi detto che tolga ogni tipo di interazione sociale vis a vis, anzi, in un certo senso ti semplifica la rottura del ghiaccio e poi se non sei socieovle/sociale, hai voglia a usare progarmmi e app chat…non ce la faresti comunque.
E rispondere alla tua ultima domanda… non saprei. Non ci ho mai provato né pensato.
Caro Mrgirodigiro, non posso che dare ragione anche a te; in effetti è proprio questo, una naturale evoluzione delle modalità di socializzazione e della socialità più in generale. Ed hai anche ragione nel dire che se mancano attitudini ed inclinazioni personali non serve ricorrere ad app e chat varie; mi consola sapere che, comunque, nessuno tornerebbe indietro. Grazie e continua a seguire Il Punto H! 😉
caro rocco rispondo alla tua ultima domanda (non quella dove chiedi se qualcuno voglia prendersi cura di te) per dirti no, io non sarei capace di rinunciare alla comunicazione qualunque sia la forma, scritta parlata, analogica o digitale…. in fondo quello che succede adesso con gli smartphone, tablet etc…non è altro che quello che succedeva un po’ di tempo fa…. se durante un viaggio era fondamentale mandare cartoline dei luoghi di vacanza oggi c’è semplicemente Facebook o Twitter, l’inaridimento di vis poetica nei legami interpersonali e di ogni estro legato alle percezioni sensoriali c’è sempre stato perché legato alla mancanza di comunicazione e, quindi, ben vengano i malati di social io non ho nessuna intenzione di guarire!!!!!
Caro Marco (scusami per il ritardo della risposta, e dire che l’ho fatto anche ieri, purtroppo invano!), per un attimo ho creduto volessi prenderti cura di me e mi sono abbandonato ad una gioia cosmica. Scherzi a parte, credo tu abbia ragione, tutto ciò che ora è parte della nostra vita non è altro che un aggiornamento di tutto ciò che era prima; io, però, a costo di apparire anche incomprensibilmente Romantico o eccessivamente ottocentesco, appartengo ancora al novero delle persone che quando girano spediscono le cartoline… è una specie di appagamento di un bisogno personale. Quindi siamo malati della stessa patologia? Ci facciamo isolare in quarantena? Enjoy e grazie! 😉
caro rocco, la non intenzione di guarire ben si concilia con la prospettiva dell’isolamento in quarantena a condizione che il luogo di isolamento sia di mio di gradimento e con un ottimo wi-fi possibilmente, in una città tra due grandi fiumi con alti skyscrapers e se non chiedo troppo una quinta strada tra la terza e la settima….ops mi sono accorto di averti appena mandato una cartolina di un luogo che conosci sicuramente meglio di me…Enjoy
Caro Marco, e magari pure con… decine di Starbucks disseminati in ogni angolo della città, e con un gigantesco parco pubblico dove andare a fare jogging, e dei musei in cui perdersi, ed una passeggiata panoramica su una vecchia ferrovia, e poi… e poi… Perché vuoi farmi soffrire tanto?