
Andavamo ancora in giro con la foglia di fico sulle nostre vergogne, che già sapevamo produrre la birra, o comunque bevande alcoliche simili. Riuscivamo a malapena a difenderci da bestie feroci e banali eventi atmosferici, che già usavamo l’alcol negli ambiti più disparati. E poi c’è chi mi viene a dire: “L’essere umano impara dai propri errori”?
Pare che già nel Paleolitico, l’uomo sapesse dove trovare delle fonti naturali di alcol, ma per imparare a produrre la birra bisognerà aspettare la cerealicoltura, circa 6000 anni fa, nella regione della Mesopotamia. È interessante notare come in Oriente l’utilizzo di alcol non sia effettivamente così diffuso. Pare, infatti, che l’abitudine del the abbia origini antiche come quelle della birra, se non di più. Proprio questa bevanda, senza dubbio più salutare, è stata la degna sostituta dell’alcol per millenni, impedendo che quest’ultimo radicasse nelle abitudini del essere umano. Non a caso, gli orientali tutt’ora hanno una ridotta capacità di metabolizzare l’alcol, arrivando agli estremi di alcuni gruppi dell’estremo oriente che non hanno in assoluto nel proprio repertorio l’enzima chiave che nel fegato metabolizza questo vero e proprio veleno.
Eh sì, di questo si tratta: veleno. E non è finita qui. Come se non bastasse, l’alcol è l’unica droga che fa ingrassare. Un grammo di alcol, infatti, dà 7 calorie (un grammo di carboidrati ne dà 4, un grammo di grassi invece 8). Tuttavia, esso rimane e persiste come un’abitudine apparentemente non così pericolosa. Responsabile di tutto ciò, è la grande versatilità che questa sostanza ha nell’utilizzo. Sono millenni, infatti, che l’uomo è a conoscenza delle sue proprietà antisettiche e anestetiche, due cosucce da apprezzare in tempi dove un batterio un po’ più cattivo degli altri era in grado di sterminare clan interi in pochissimo tempo. Ovviamente, poi, l’uomo non poteva non accorgersi delle sue proprietà afrodisiache, oltre al fatto che è un ottimo integratore alimentare d’emergenza, per via del suo grande apporto calorico. Insomma, un po’ come il bicarbonato, negli utilizzi dell’alcol si ha l’imbarazzo della scelta, o la scelta dell’imbarazzo, a seconda dei casi.
È davvero un peccato, a questo punto, elencare le infinite brutte (pessime) conseguenze che l’alcol si porta appresso. È davvero un peccato, visto che i bevitori inadeguati (a rischio alcolismo) arrivano a punte del 10%, mentre gli astemi si fermano a quota 4%. È davvero un peccato, anche per il fatto che sono perfettamente consapevole che non saranno certo queste poche righe a cambiare l’ordine delle cose. Mi riterrei però soddisfatto se, nel mio piccolo (piccolissimo) riuscissi quantomeno a rendere consapevole chi legge dei rischi che corre. Conoscenza è potere, quindi essere consapevoli delle conseguenze è già un buon inizio, se non per smettere di bere, almeno per calare le dosi.
Anche qui, come in tutto, si parla di dosi. Come sicuramente avrò già detto in altri contesti, l’uomo è la cozza della terra ferma, assorbe tutte le impurità e il rischio di andare a male è dietro l’angolo. Andando però a modulare le dosi, la situazione cambia.
La base probabile (ormai praticamente certa) della dipendenza dall’alcol è il danno alle membrane. In pratica, è come se il nostro corpo fosse intrinsecamente masochista, cosa quanto mai appropriata in questo contesto. L’etanolo, e quindi l’alcol, infatti, vanno a lesionare le membrane delle nostre cellule, modificandone la struttura, causando dipendenza. L’organismo, quindi, dopo un certo limite, non può più fare a meno di queste modificazioni dannose che l’etanolo apporta alle membrane cellulari. Questo stesso fenomeno è anche alla base della tolleranza. Un individuo abituato a bere sopporta meglio l’alcol di un astemio, proprio perché le sue membrane sono già lesionate, pertanto gli effetti non si sentono, o si sentono meno (coscientemente).
Tutti sanno poi gli effetti dell’etanolo sul sistema nervoso. C’è chi incomincia ad abbracciare gli alberi, chi insiste nel dormire nel forno di casa, chi invece si mette a rotolare, anziché camminare, chi ride come un pirla o chi piange come un bambino… Insomma, gli effetti sulla mente sono quanto mai bizzarri, se non pericolosi. In più, l’etanolo è anche cancerogeno, in quanto il prodotto di scarto del suo metabolismo (acetaldeide) è una sostanza cancerogena per il nostro organismo. Più precisamente, sono alcuni tipi di tumore che aumentano nella loro incidenza in un individuo che beve regolarmente, cioè, tumore a bocca, faringe ed esofago, tumore al pancreas e tumore alla mammella.
Arriviamo in fine a trattare i danni sul fegato, organo da eleggere all’unanimità come “Lavoratore dell’anno”. Semplificando, gli effetti su questo nobile, bistrattato, sfruttato, schiavizzato povero organo sono fondamentalmente due: steatosi e cirrosi.
La steatosi consiste in accumulo di trigliceridi (grassi) nelle cellule del fegato. Siccome l’etanolo dà molte calorie, queste si accumulano nel fegato, che vede le sue cellule ingrandirsi, diventare delle mini mongolfiere, infarcirsi di grasso e ostacolare il flusso di sangue, dando ipertensione. In più, con tutto questo ripieno che si ritrovano, le nostre povere cellule non sono più in grado di adempiere alle loro funzioni, mandando a catafascio tutto il corpo in maniera lenta e inesorabile. Vi sembrerà strano, ma il fegato ha più funzioni di iPhone 6, o di un iPhone 75. Quindi, per essere chiari, se il fegato non funziona si muore e si muore male.
La cirrosi, invece, è l’evoluzione della steatosi, la sua sorella maggiore cattiva, il boss alla fine del livello, quello che ti fa penare e bestemmiare come non mai. In pratica consiste nell’esaurimento delle cellule del fegato che, poverine, anche loro hanno un limite. Danno cellulare oggi, danno cellulare domani, le nostre cellule decidono di chiudere bottega e burattini e vengono sostituite da tessuto fibroso, un tessuto amorfo che dà forma, ma non dà la funzionalità. Cioè, il fegato c’è, ma non ci fa.
Un ultimo punto lo vorrei dedicare ad una patologia gravissima, sia per il suo profilo clinico, che per le sue implicazioni morali: la sindrome alcolica fetale. Una donna che beve alcol, anche in dosi basse, è in grado di provocare questa sindrome al suo bambino, che consiste in alterazioni scheletriche, dimorfismi facciali, organi malformati e alterazioni nervoso, con ritardi mentali più o meno gravi. L’informazione, ormai alla portata di tutti, non giustifica MAI nessuna donna in gravidanza a bere alcol nemmeno col contagocce. Se prima erano importanti, se non fondamentali, le dosi di assunzione, in questo caso l’alcol DEVE essere assolutamente bandito del tutto durante la gravidanza. Qualunque donna non lo faccia, perde ogni diritto di essere riconosciuta come madre.
Ad ogni modo, io sono dell’idea che col proprio corpo si possa e si debba fare un po’ come si vuole. Ad essere astemi come me si guadagnerà qualche anno di vita, ma a 90 anni non credo che la cosa possa allettare in molti. Tuttavia, bisogna considerare una cosa, quella cosa che manda vanti il mondo e non sto parlando di una parte anatomica femminile, ma dei SOLDI. In Italia il sistema sanitario nazionale cura questo tipo di patologie (cirrosi e steatosi) con il denaro pubblico, denaro mio, denaro vostro, denaro di tutti (o quasi tutti). Partendo da questo, credo che sia un gesto irresponsabile, egoistico e davvero stupido arrivare a bere così tanto da farsi venire la cirrosi epatica. Poi ci lamentiamo della malasanità, di come si stava meglio quando si stava peggio, di come non ci sono più le mezze stagioni, bla bla bla…
Quindi, come disse qualcun altro prima di me, prendete e bevetene tutti, ma non esagerate! Divertitevi, abbracciate gli alberi, rotolate e passate le notti a vomitare l’anima ,abbracciati alla tazza del water se è questo che volete, ma fate in modo che sia l’eccezione e non la regola.
John Crow
#volevochemorivo