
A sfogliare ogni giorno i giornali si apprendono sempre un sacco di belle cose e si viene a conoscenza di tante notizie alcune delle quali esilaranti, molte perfino ridicole. Non so se sia questo il caso di ciò che sto per raccontarvi ma a me, se non proprio ridicola, questa notizia è apparsa quanto meno singolare.
E’ di qualche giorno fa la decisione del Comune di Roma, la cui giunta guidata dall’illuminato (!) Marino -che, ricordiamolo, di professione fa il chirurgo e pertanto ha (o, perlomeno, aveva) una grande frequentazione con il corpo umano- ha approvato un regolamento con le nuove norme in fatto di affissione di manifesti pubblicitari: in sintesi, basta alle immagini di corpi femminili sulle pubblicità murali.
In pratica il Municipio dell’Urbe dà corso ad una svolta anti sessista consegnando una serie di norme che disciplinano ex novo tutta la materia improntandola essenzialmente al principio della non discriminazione e della parità di genere. E fin qui nulla di male, anzi, vivaddio che la sensibilità istituzionale qualche volta riesca a cogliere certe sfumature e ad occuparsi anche di questioni forse meno “ingombranti” ma di sicuro impatto mediatico e, comunque, all’ordine del giorno di una contemporaneità che non vuole dissociarsi da una civiltà degna, appunto, dei tempi che tutti viviamo.
Il nuovo codice varato nell’imponente contesto capitolino prevede degli accorgimenti tra i quali spiccano il divieto di pubblicità lesive delle libertà individuali e dei diritti dei singoli, in particolare dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. Ed anche qui nulla quaestio, se non altro per aver tentato di mettere ordine in un settore che davvero è peggio di una giungla, soprattutto nelle grandi città.
Sostanzialmente, il regolamento fa divieto di affiggere negli appositi spazi pubblicitari della città foto di corpi femminili associati ad immagini che li equiparano ad un oggetto o che ne fanno effigie sessista e discriminatoria.
Per le vie di Roma non vedremo più manifesti con donne intente a cucinare, a stendere il bucato, ad imboccare il proprio figlio, a fare la spesa, a depilarsi, ad apparecchiare la tavola per gli ospiti e tutto ciò che finora i grandi guru della pubblicità e della comunicazione si sono inventati per vendere un prodotto o anche semplicemente per lanciare nuove tendenze.
Laura Boldrini, il presidente della Camera (e dico “il” perché resto affezionato alla declinazione di genere, e “presidente” è un sostantivo maschile che, quindi, vuole l’articolo al maschile!), non ha perso tempo per salutare con esultanza la novità voluta dal suo amico Marino; riporto una sua dichiarazione in cui afferma che “… è mortificante considerare normali certi spot. Certe pubblicità, che consideriamo normali, con le donne che stanno ai fornelli e tutti altri sul divano, danno invece un’immagine della donna che non è normale e non corrisponde alla realtà delle famiglie”.
Ora, a parte che vorrei tanto capire quale sia l’accezione del termine “normale” che gravita nella testa dell’onorevole Boldrini, io non ho mai creduto offensiva della donna e del suo corpo una pubblicità o un’immagine in cui la stessa donna spadella davanti ai fornelli magari indossando un bel grembiule, né ho mai pensato fosse un insulto alla parità di genere il fatto di fotografare una donna che passa l’aspirapolvere in casa magari pubblicizzando un prodotto per l’igiene dei pavimenti o l’ultimo modello di quell’elettrodomestico, o –ancora- una donna che pubblicizza una crema depilatoria mostrando le gambe.
Piuttosto, al presidente della Camera vorrei tanto fare una domanda: “Presidente, vista la sua affermazione secondo cui una donna ai fornelli e tutti gli altri al divano non è un’immagine corrispondente alla realtà delle famiglie, cosa pensa di un uomo che ripara il motore di un’auto mentre gli altri (o magari le altre!) fanno shopping o fanno la manicure? V’è discriminazione sessista anche qua? Questo quadretto corrisponde alla realtà? Oppure, cosa pensa dell’immagine di una donna che mentre ha il ciclo fa la ruota o si abbandona ai più arditi contorsionismi magari dopo essersi lanciata col paracadute ed aver corso la maratona di New York? Questo è “normale” ed è esattamente ciò che accade sempre a tutte le donne mestruate? E ancora, è “normale” ed accettabile che in alcuni manifesti si vedano marcantoni dalla statuaria e debordante bellezza che, discinti e in costumi quasi adamitici, invitano a comprare profumi o costumi da mare o bagnoschiuma?
Io non credo che il linguaggio pubblicitario debba necessariamente attenersi alla realtà, né penso che certe sue stravaganze espressive siano da ritenersi offensive della parità di genere o lesive della dignità del corpo della donna o di quello dell’uomo; semplicemente penso si tratti di una normalissima, magari volutamente esagerata, induzione all’acquisto. La pubblicità deve necessariamente bucare e proporre qualcosa che susciti curiosità e che, dunque, porti chi ne usufruisca a comprare un certo prodotto; tutto ciò mi pare davvero di elementare comprensibilità e, soprattutto, privo di qualsiasi intento offensivo o discriminatorio.
Non sarà forse che, dietro questa nuova trovata della sbrindellata giunta Marino, si (mal) celi un fastidioso, inutile e bacchettone moralismo di ritorno?
Voi cosa ne pensate? Hanno ragione il Sindaco Marino e l’onorevole Boldrini o ritenete anche voi che, forse, questo regolamento sia eccessivo? Ditemi la vostra e scrivetemi a rocco@ilpuntoh.com
Ciauz! 😉