La buona scuola e le critiche

Non sarà un articolo lungo, ma una breve riflessione.

La buona scuola è il progetto politico che il governo ha messo in piazza per “far ripartire il paese”. Alla base c’è un’idea quasi banale: gli investimenti sui giovani di oggi significano crescita economica e benessere domani. I punti fondamentali sono: alternanza-scuola lavoro, scatti di merito per gli insegnanti, maggiore autonomia scolastica, reintroduzione di materie umanistiche perdutesi negli anni delle tre I e sistema di reclutamento degli insegnanti in linea con gli standard europei.

Non stupisce la copiosa presenza di critiche, ne analizzeremo alcune.

Alternanza-scuola lavoro. “I giovani verranno dequalificati e lavoreranno gratis.” Evidentemente nessuno sa come funzionano gli istituti professionali e si sono dimenticati di quanto Moratti prima e Gelmini poi abbiano depauperato quelle scuole che si preoccupano di insegnare un lavoro qualificato ai propri studenti. Dov’erano i contestatori quando la scuola professionale è stata trasformata in istituto tecnico riducendo ad un quarto le ore di laboratorio e stage?

Scatti di merito. Pagare un insegnate in base alla sua bravura. È il minimo. È doveroso. “non voglio lavorare per essere valutato” è il mantra che leggo in questi giorni sui social. Basta dare un’occhiata ai lavoratori nel settore privato oppure alla riforma della PA. Perché se va bene per gli uni non può andar bene per gli altri? Si ha così paura di inserire un sistema che tenda (finalmente) a premiare il merito?

Autonomia scolastica. Davvero un dirigente scolastico deve essere solo un passacarte? Non è possibile aumentarne competenze e responsabilità? Non era forse già nei piani di Berlinguer?

Reclutamento degli insegnanti.I presidi Sceriffo aumenteranno il baronaggio.” Se si fa attenzione al ddl ci si rende conto subito che i presidi potranno scegliere solo tra una rosa di candidati idonei e in base a graduatorie prestabilite, tutto sulla base di un programma pluriennale deciso tramite POF (di competenza di tutto il collegio docenti). Certo, il nodo della questione è ovviamente “chi valuta chi?”, risolta questa questione non si può non essere sollevati dal sapere che un insegnante potrà finalmente essere certo di seguire tutto il percorso scolastico dei propri alunni. Diciamocelo, cambiare insegnante ogni anno spesso significa partire da zero e non vedere risultati.
In ultima analisi ho letto molto circa le preoccupazioni per i famosi “licenziamenti dopo i 36 mesi”. Tutti i contratti a tempo determinato prevedono che dopo 36 mesi di lavoro presso lo stesso datore di lavoro ci sia o l’assunzione diretta e a tempo indeterminato o il licenziamento definitivo. Per quanto riguarda la scuola, la Corte Europea ha imposto che venga eliminato un privilegio. Non vogliamo fare il parallelismo col settore privato? Benissimo, chiamiamo gli infermieri assunti tramite contratti di subordinazione a tempo determinato presso le strutture pubbliche, chiediamo loro se dopo i 36 mesi sono stati assunti oppure hanno ceduto il posto a qualcun altro.

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