
Ritornato un po’ in sordina nel nostro Paese con la reintroduzione dell’Italia nel 2011, l’Eurovision Song Contest, al secolo semplicemente Eurofestival, si è trasformato negli anni da semplice gara canora a vero e proprio fenomeno di costume e mediatico, con hashtag che impazzano su twitter, il nostro era #ilpuntoESC, e una media di un milione di telespettatori che ha seguito la prima semifinale su RAI4, segnando un vero record per la rete.
E come tutti gli eventi un po’ goliardico-trash non poteva che diventare uno degli eventi cult che gli omosessuali aspettano con maggior fervore, e che hanno visto nella vittoria dell’austriaca Drag Queen Conchita Wurst lo scorso anno, con l’intesa Rise like a Phoenix, il segno profetico di qualcosa che era già nell’aria da tempo, dopotutto è proprio su questo palco che sono artisticamente nate icone gay quali gli ABBA e Celine Dion.
Ventisette i paesi arrivati in finale, duecento i milioni di telespettatori per un totale di quarantacinque nazioni.
Uno spettacolo sontuoso, in cui Conchita Wurst, vincitrice in carica, si è mossa con disinvoltura, tra le bellissime conduttrici Arabella Kiesbauer, Alice Tumler e Mirjam Weichselbraun, commentato per noi in diretta dallo sproloquio (spesso fuori luogo) dei Vj Federico Russo e Valentina Correani.
Ad aprire la serata l’Orchestra Filarmonica di Vienna, e le bellissime immagini di una Vienna da cartolina, seguite da un’orchestrale Rise like a Phoenix di Conchita Wurst che ancora una volta ha evocato il fascino dei grandi temi di 007.
Uno show, quello dell’ Eurovision Song Contest 2015, veloce, snello, senza fronzoli, ma visivamente ricco, a partire dai grandi ledwall che variopinti spettacoli hanno offerto in questa finalissima: da eserciti francesi a intere evoluzioni delle stagioni, contornati da pianoforti in fiamme e vere e proprie tempeste di vento, con cui si sono imbattute alcune cantanti da far impallidire anche Nostra Signora del Vento Mariah Carey.
Tra i pezzi che hanno incantato il palco, l’elettro-swing del duo inglese Electro Velvet, che ci hanno fatto rivivere le atmosfere del Grande Gatsby di Luhrmann con Still in love with you, all’Australia, paese ospite di quest’anno, che ha partecipato con Guy Sebastian e la sua trascinante Tonight Again. Bella anche la Germania che ha partecipato con Ann Sophie, che oltre ad incarnare lo spirito (e le vesti) di Amy Winehouse, ha incantato con il soul di Black Smoke, e una voce a metà strada tra la compianta artista britannica e Anastacia.
Non sono mancati i momenti un po’ grotteschi, come il mantello rosso à la cappuccetto rosso della spagnola Edurne, che si è spogliata durante la performance di Amanecer, con un vestito decisamente più scosciato.
Esibizione emozionante e emozionata per Il Volo, che ha intonato un perfetto “bel canto” con l’epica Grande Amore (brano vincitore del Festival di Sanremo), con grande ovazione del pubblico presente, portando a casa un propiziatorio premio della stampa, vinto lo scorso anno proprio dalla Wurst, e chissà che non porti loro la stessa fortuna della cantante austriaca, benché non sia riuscito a portargli la vittoria, ma solo un terzo posto di tutto rispetto.
Per tutta la sera sul podio con l’Italia la russa simil-Marilyn Monroe, Polina Gagarina e la sua A milion voices (con scenografia scopiazzata da una performance live di Jennifer Lopez), seconda e, contro ogni previsione, ha invece stravinto la Svezia, e non si sa se a incentivare il televoto dei paesi europei sia stata la coreografica e accattivante Heroes, o lo scossone degli ormoni per il bonazzo svedese, Måns Zelmerlöw che la cantava. Ma d’altronde per uno show popolare tra i gay che cosa vi aspettavate?
See you next year in Sweden.