
Il primo posto dove si entra in contatto con l’omofobia e, talvolta, la violenza degli altri contro il proprio orientamento sessuale è la scuola. Tra le scuole elementari e i primi anni di Liceo è senza dubbio il periodo della vita più difficile per un giovane omosessuale: soggetto allo scherno dei compagni, al pregiudizio delle proprie famiglie e, in alcuni casi, anche all’insofferenza non molto velata degli insegnanti.
A concentrarsi sul mondo della scuola oggi è il Guardian, che in un articolo di qualche ora fa ha spiegato come sia importante per le istituzioni scolastiche collaborare con i genitori affinché non sentano pressioni culturali o religiose riguardo l’orientamento sessuale dei propri figli.
Alcuni bambini, infatti, sono costretti a crescere negando la propria identità sessuale, ritenendo che il modo in cui istintivamente pensano e agiscono sia sbagliato. Essi affrontano così momenti di grande confusione, sofferenza, dolore, tormento. Secondo l’articolo del quotidiano statunitense, non bisogna permettere che ciò accada, in quanto forzare l’orientamento sessuale di un ragazzino è spesso causa di gravi disturbi e, benché fatto per ignoranza piuttosto che mancanza di amore, questo errore non è meno grave di altri abusi commessi sui minori, ed è spesso causa di futuri abusi di sostanze stupefacenti, autolesionismo o, addirittura, casi di suicidio, con un conseguente aumento per il ragazzo di rapporti sessuali e sentimentali malati.
La scuola, ammonisce David Weston, autore del pezzo, deve saper mostrare una profonda comprensione e grande rispetto per l’identità culturale e religiosa del paese cui appartengono, ma ciò non deve permettere che influisca pesantemente, e talvolta in modo del tutto ottuso, sull’educazione dei ragazzi. Occorre che l’Istituzione Scolastica si batta contro l’omofobia così come contro il razzismo e qualsiasi altra forma di bigottismo.