La verità sulla “teoria del gender”

Ultimi giorni d’estate per i vacanzieri che dalle loro spiagge pensano già al rientro a casa. Ma se il lavoro è andato in vacanza per un po’, non è di certo stato così per l’ignoranza degli italiani, e così agosto, per chi come me è stato connesso al web (social) anche sotto l’ombrellone, è stato un continuo scambio di tag e link da parte di genitori preoccupati per l’introduzione della Teoria di Gender nelle scuole a partire dal prossimo settembre. E dato che la prima campanella è ormai alle porte per il Belpaese, è doveroso fare un po’ di chiarezza in merito, non per i gay che andranno a leggere questo articolo, ma per tutti gli etero che nel 2015 temono ancora l’omosessualità come se fosse un virus influenzale che s’attacca, e tentano di proteggere i loro figli preferendo che brancolino nella totale ignoranza di una tematica che meriterebbe invece più attenzione, non soltanto per evitare atti di bullismo nei confronti di chi è semplicemente “diverso” nell’accezione più ampia del termine, ma per evitare che queste vessazioni ripetute e continue possano istigare al suicidio quei ragazzini ancora troppo fragili per sostenere il peso della vita.

Premettiamo dunque, ancora una volta, per coloro cui il concetto non fosse abbastanza chiaro, che omosessuali si nasce e non lo si diventa col tempo o frequentando persone omosessuali, al massimo ci si può “scoprire” in tarda età, ovvero prendere finalmente coscienza del proprio orientamento sessuale represso per paura e per il pregiudizio proprio e altrui.

Gli studi sulla cosiddetta “teoria del gender” iniziano verso la metà degli anni ’70 negli Stati Uniti, diffondendosi nell’Europa Occidentale soltanto un decennio dopo. Secondo questi studi uomini e donne si distinguono per le loro differenze biologiche, e se negli eterosessuali genere e sesso coincidono, permettendo una netta distinzione maschio/femmina, per lesbiche, gay, bisessuali e trans ciò non avviene, creando così una disparità tra l’identità sessuale, il corredo genetico, e il proprio gender, genere, quella costruzione culturale, la rappresentazione, la definizione e l’incentivazione di tutti quei comportamenti che rivestono il corredo biologico e danno vita allo status di uomo / donna.

Ma sesso e genere non devono essere considerate sfere contrapposte, ma bisogna tener conto della loro indipendenza, e che in alcuni casi sui caratteri biologici della persona possono innescarsi dei diversi processi di produzione delle identità di genere, dando così vita a donne attratte da altre donne, uomini attratti da altri uomini, uomini che si sentono donne e viceversa, o persino persone di un sesso attratte però da entrambi.

La teoria di genere non ambisce, come molti sostengono, ad annullare le differenze tra uomini e donne, come molti erroneamente sostengono o lo dicono per strumentalizzare e alimentare ulteriormente omofobia e razzismo, non vuole eliminare il concetto di padre e di madre, né vuole minacciare la famiglia “tradizionale” o costringere ad assumere un comportamento non conforme alla propria personalità e orientamento sessuale.

Spiegare quelli che sono dei processi della psiche umana a dei bambini/ragazzi, non genererà un’epidemia di omosessuali come possono pensare i più: non si decide di diventare omosessuale per moda o per una maggiore conoscenza in merito; al contrario, potrebbe aiutare chi vive un disagio personale a comprendere meglio sé stesso, e chi questo disagio non lo comprende ad accettare la diversità dei compagni in una pacifica convivenza tra esseri umani che, seppur di colori diversi, fanno tutti parte di un unico grande arcobaleno.

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