
Il non luogo a procedere segna la fine di un processo istruttorio per tentato uxoricidio, ma per l’imputata, Thérèse Desqueyroux, è solo l’inizio del dibattito. Il processo vero comincia ora, nel suo foro interiore, e si svolgerà attraverso un monologo ostinato e sfibrante nel tempo breve del viaggio che la riporta a casa. Ma la storia faticosamente ricostruita, la verità e la sua “difesa” si sfaldano al primo impatto con il marito di sempre, il giudice implacabile e ottuso, lasciando spazio alle vere conseguenze.
Al lettore Mauriac lascia la responsabilità di condannare o assolvere Thérèse, l’assenza di giudizio dello scrittore porta dolore, evitando di fornire una catarsi, lasciando il lettore nella pece dell’anima.
Molti si stupiranno che io abbia potuto immaginare una creatura ancor più odiosa di tutti gli altri miei eroi. Saprò mai, io , parlare degli esseri grondanti di virtù, e che recano il cuore in mano? “I cuori in mano” non hanno storia: ma io conosco quella dei cuori nascosti, e strettamente avvinti a un corpo di fango.
Thérèse Desqueyroux e la sua sete di sincerità e assoluto, Bernard e le sue pazienti invenzioni dell’ombra. Collidono, si intrecciano, deflagrano.
Dove cominciano i nostri atti? Il nostro destino quando vogliamo isolarlo somiglia alle piante ch’è impossibile strappare con tutte le radici. Dovrà risalire fino all’infanzia Thérèse? Ma l’infanzia stessa è una fine, un arrivo…
Un simile e suggestivo percorso si avvale di un ritmo narrativo serrato e di una costruzione compatta e incalzante, anche se intersecata da continui flashbacks. Anche grazie alla scrittura, disarmante nella sua semplicità, i temporali improvvisi che regala nella sua crudezza.
Il racconto che inizia in medias res, si articola in due tempi reali, il viaggio e il confinamento a Argelouse, la cerniera è l’incontro con Bernard e il crollo della speranza-salvazione.
-Hai paura di me, Bernard?
-Paura? No: orrore
Da angelo pieno di passioni Thérèse, come la farfalla notturna che gira intorno alla luce fino a cadere al suolo agonizzante, diventa la creatura che perde ogni orientamento e scivola nella follia.
Quella che Mauriac consegna al lettore non è una criminale, ma una donna lacerata, che l’ostinata ricerca di identità e di assoluto ha reso un mostro di lucidità, ma ha spinto anche ad aggrapparsi ad un mondo di fantasmi, fino alla scissione.
Qui mi pare il vero motivo di interesse, la sua attualità, la sua contraddizione irrisolta, il sapore aspro della verità.
Non puoi dare parole false a un grido vero e non puoi dare parole vere a un grido falso: è l’uomo stesso, nel tempo a rendersi conto dei suoi stessi miraggi per dimenticare inesorabilmente ciò su cui ha costruito castelli di carta di ammirazione.
Rimane solo l’urlo, l’urlo della vera letteratura. La parola è solo una sovrastruttura del grido con cui inorridiamo alla nascita, dinnanzi al mondo, che rimane con noi.
Ciò che ci sta in gola: come gridiamo noi umani in questo preciso istante e perché non abbiamo il coraggio di gridarlo fino in fondo, fino a dirlo.
Thérèse doveva essere un’ immagine ingarbugliata delle mie personali complicazioni, almeno credo. Siamo sempre noi M. me Bovary.
(In questo spazio imparerete a infliggere stoccate con classe e cultura, sfoggiando la vostra ultima lettura, o semplicemente questa recensione . Stoccate capaci di mettere immediatamente a tacere gli altri)
– “Sei più laida di Thérèse Desqueyroux” Da dire spesso e a chiunque con un grande sorriso di ammirazione o odio recondito.
– “Il contrappeso cristiano In François Mauriac è… UNA TUA LETTURA!” Da dire ab rupto quando in una discussione si è messi alle strette e si vuole uscire di scena senza dare ragione all’interlocutore. Ovvia falcata da passerella annessa nell’uscita di scena.
– “La tua inutilità è pari solo al ciclo di novelle e romanzi seguiti a Thérese Desqueyroux” Da dire a natale o al compleanno quando non vi donano ciò che meritate. Accompagnare con volto in pieno disgusto.
Link Utili:
O quantomeno guardami (amazon.it)
Raccontamelo in una canzone
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