"Padri e Figlie". Il passato vive sempre nel presente.

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Ciao! Con il secondo sabato di ottobre vi regalo un articoletto non troppo entusiastico di un film metà italiano e metà hollywoodiano. Ebbene sì, carissim* #CinemaCovers (stupendo questo hashtaaaaaaaag!!!), ho cercato di evitare questi prodotti da quando sono con voi, ma stavolta ne ho beccato uno! Padri e Figlie, regia di Gabriele Muccino (la sceneggiatura è di Brad Desch, drammaturgo alla sua opera prima per il cinema di cui, in rete, non si trova praticamente niente) affronta l’importantissimo tema del trauma infantile, ma scivola (purtroppo) nella sempreverde retorica americana che lo mantiene sotto le sue vere potenzialità.

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Colpa di uno script abbastanza scarno, questo film “fiume” (due ore sono troppe) vuole dare libertà totale alla presa al petto della storia: dopo un grave incidente in cui viene coinvolta la famiglia Davis, la mamma muore e la piccola Katie resta con il padre Jake, scrittore di successo, che ha subito gravi danni neurologici. Il tutto viene narrato nell’arco temporale di 25 anni e rimbalza costantemente tra flashback, che raccontano il rapporto profondissimo tra l’uomo e sua figlia, nonostante le intromissioni degli zii materni, i continui problemi di salute e la crisi lavorativa

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e il presente, in cui la ragazza, ormai adulta, vive la sua vita professionale e sentimentale tra alti e bassi (molto bassi), sostenendo l’argomentazione secondo cui, demotivata, “non riesce ad amare”. Il tutto leggermente infarcito di vari “Mia figlia è un genio! È la mia bambina!“, “La tua mamma è sempre accanto a te“, “Non so se riuscirò ad essere la tua ragazza“, “Ho paura di noi!“…

Un cast stellare, dunque niente da dire sulle interpretazioni, con protagonisti Russel Crowe (anche produttore),

Russel Crowe

Amanda Mamma mia Seyfried e Aaron Paul (per chi non lo conoscesse, star del telefilm Breaking Bad).

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Come condimento, Diane Kruger (la amo), che mi è stata relegata all’orrendo ruolo di zia cattiva, ubriacona e comunque eccellente e bellissima,

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la super classy Jane Fonda,

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Octavia Spencer (Premio Oscar per The Help, non nuova a Muccino) e Bruce Greenwood (interprete che si vede sempre in giro, ma di cui non si ricorda mai il nome). Scelte a dir poco gigione queste star, trasversali a ben tre generazioni di pubblico. Classico caso in cui sono gli attori e le attrici a rendere eventualmente appetibile il film.

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Insomma la storia ci risolve il “mistero” solo negli ultimi cinque minuti. Ok, lo fa con le due FATIDICHE parole che chiunque vorrebbe sentirsi dire almeno una volta nella vita, però ci fa aspettare un po’ troppo e comunque lo fa portandoci ad estremizzare il cliché made in U.S.A. della disperazione e del blocco. Diciamo che non si pecca di originalità, anche se capisco che la tematica sia già forte di per sé. Ma qui si parla di Cinema… ce lo vogliamo mettere un briciolo di estro creativo in più?

E c’è un altro tasto dolente: il doppiaggio. Fortunatamente l’abbinamento Luca Ward/Russel Crowe è andato benone, così come Claudia Catani/Diane Kruger… ma che dire dei due giovani??? È stato imbarazzante per due motivi: voci abbinate male ai volti/caratteri degli attori e poi proprio incapaci! Per scoprire che la voce maschile è addirittura di Adriano Giannini. Suvvia… andiamo indietro come i gamberi?! Che gli avrà detto papà?!

In compenso stupenda la colonna sonora con molti archi, pianoforte… e un elemento cardine da tenere ben presente per capire tuttoooooooo! Bellissima inoltre l’esclamazione: “Noi viviamo negli Stati Uniti dei soldi. Arte, Amore, Amicizia non hanno più valore! Solo i soldi!“. Emblematica (non spoilero altro)!

Nonostante tutto, non vi dico di non vedere assolutamente Padri e Figlie, però magari potete tranquillamente aspettarlo in dvd o in tv.

Vi aspetto sabato prossimo, andiamo in Transylvania!

Ciao, #Dan

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