
Ciao #CinemaCovers! Questa settimana ho messo alla prova la mia resistenza di fronte ad un film abbastanza drammatico, ispirato ad una storia vera giunta agli onori delle cronache statunitensi circa 10 anni fa e già portata al cinema (solo in U.S.A.) grazie ad un cortometraggio documentario che ha vinto addirittura il Premio Oscar 2008.
Freeheld vede protagoniste la sempre eccellente Julianne Moore e la giovane Ellen Page (indimenticata Juno) rispettivamente nei panni di Laurel Hester e Stacie Andree, una coppia omosessuale. Nella locandina italiana è stato aggiunto il sottotitolo “Amore, giustizia, uguaglianza”, credo per far capire meglio l’argomento del film.
È bene spiegare che la legislazione dello Stato del New Jersey prevede la suddivisione nelle famose Contee. Ocean County, luogo dove si svolge la storia, possiede un consiglio di 5 elementi chiamati Freeholders a cui la cittadinanza può rivolgersi per avanzare delle richieste. Da qui il titolo, in forma di participio, che indica che la “mozione viene sottoposta ad esame”. Laurel è infatti una poliziotta a cui viene diagnosticato un male incurabile e, oltre a lottare contro la malattia, combatte contro un sistema vecchio e anticostituzionale per poter trasferire i propri benefit pensionistici alla compagna. Il sottotitolo serviva eccome!
Il film segue l’amore fra le due donne fin dal loro primo incontro. Laurel è seria e molto competente nel suo lavoro, ma nasconde la propria omosessualità perché ben consapevole delle possibili discriminazioni sia verso le donne che, a maggior ragione, verso “le donne come lei”. Stacie è più giovane e spigliata e si espone maggiormente nel mondo. Freeheld ci porta anche ad attraversare piuttosto precisamente (per quel che si può fare nel tempo di un editing cinematografico) il percorso burocratico svolto toccando gli aspetti sociali importanti che scaturiscono da queste tematiche. A tal proposito, il mio bando allo spoiler qui si ferma. Vi devo spiegare. Stavolta non è una favola o una storia più semplice (concedetemi il termine) come Io e Lei di qualche settimana fa.
Troviamo l’organizzazione Garden State Equality rappresentata dal personaggio dell’attivista LGBT Steven, che viaggia con l’accanita squadra di sostenitori, interpretato da Steve Carell;
il collega sbirro etero intelligente che offre aiuto prezioso alla sua adorata amica anche a costo di essere creduto gay da qualcuno, solo perché si schiera dalla parte della giustizia, ma contro al cosiddetto “circo mediatico” potenzialmente dannoso per la causa: un bravissimo Michael Shannon (doppiato da Pino Insegno);
il poliziottino in gavetta, interpretato da Luke Grimes che, come faceva Laurel, nasconde la sua omosessualità perché ha paura di non fare carriera;
e Laurel, una donna che non si arrende, almeno finché può, che chiede la parità dei diritti, non necessariamente il matrimonio (altro nodo tematico attualissimo) perché è una persona comune che ha “una casa, un cane e paga le tasse” e li condivide con la sua compagna. Semplicemente.
Insomma vengono lanciati spunti a 360 gradi. Gli stereotipi sui tipi di lavoro (una donna meccanico? E chi l’ha detto che non è possibile?), corpose scene sul discorso delle minoranze e sui pericoli/rischi di rivelare l’omosessualità, discorsi maschilisti sul non immaginarsi una donna come lesbica perché “non sembra affatto una lesbica” (accidenti a quel maledetto verbo sembrare!), la retorica e l’omofobia del consiglio dei Freeholders che si nasconde dietro ad una fantomatica centenaria tradizione ipocrita e autoreferenziale. Le tradizioni riguardano le ricette della nonna e i balli popolari, non la negazione del buonsenso, non credete?! Stupendo poi l’intervento di un sacerdote di fronte al consiglio…
E poi c’è la malattia. È lei che comanda e ci tocca viverla totalmente come se fossimo anche noi a Ocean County.
Trattandosi di una storia vera, sceneggiatura e regia avranno agito per ricostruire i fatti il più fedelmente possibile, non posso sindacare sui caratteri dei personaggi e l’immagine di Laurel e Stacie. Quel che posso consigliarvi è di non farvi ingannare dalla prima mezz’oretta, un po’ infiocchettata: il primo incontro, lo scambio del numero di telefono, il primo appuntamento, i bulletti che sfoggiano un “ci piacciono le lesbiche“, il classico discorso “io sono troppo vecchia per te… e invece tu sei troppo intelligente per me” eccetera. Freeheld va visto. Oltre l’estetica e la magia del Cinema. Qui si tratta anche di informazione, di conoscenza. La forza del film è proprio quella e il risultato è uno solo: per capire le differenze dobbiamo ascoltarle ed accettarle. Il buonsenso va coltivato.
E poi ragazz*… un finale intenso, arricchito anche con le foto delle vere Laurel e Stacie e con le didascalie che spiegano i passi avanti fatti in materia di diritti civili (negli Stati Uniti) con la Legge del 26 giugno 2015. Io ve lo dico, portatevi i fazzoletti, non si sa mai…
#Dan – dan@ilpuntoh.com