
Noi ragazzi di periferia siamo quelli nati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Siamo quelli che quando devono dire dove abitano, devono sempre specificare a quanti kilometri e quante ore dalla grande città più vicina. Son cresciuto dicendo “a metà strada tra Verona e Venezia… presente?”
Siamo quelli che quando arrivano i punti vendita delle grandi marche americane, non solo restiamo a bocca asciutta, ma addirittura vediamo sbucare ovunque nelle nostre città le versioni tarocche, come quando le nostre mamme ci portavano a casa i calzini NIHE, ABIDAS o PIUMA. Sono quelli i traumi che ci hanno segnato la vita, i traumi che abbiamo vissuto anche quando aprendo la scatola dei biscotti danesi trovavamo solo i tondi al cocco al posto degli zuccherati.
Il vivere sempre in seconda fila ci ha aiutati a resistere alle difficoltà, alle derisioni, ai rifiuti. Ci hanno chiamati contadini, ci hanno dato dei bifolchi, dei campagnoli, ma noi ne usciamo a testa alta. Oggi, nel bel mezzo dell’allerta terrorismo, ci compiaciamo del nostro vivere in periferia, non siamo noi i centri più ricercati dai pazzi terroristi.
SCHERZONE. Siccome il mantra della vita è “non farcela mai”, vivo in una città di periferia che ospita una delle più grandi basi militari americane al di fuori degli Stati Uniti, quindi non posso nemmeno compiacermi di essere fuori pericolo. La vita quindi si adagia tra uno sguardo sospettoso lanciato a tutti coloro che indossano presunti giubbini da terroristi o che mi fissano per più di 10 secondi ed un caffè all’osteria del paese, perché qui Starbucks manco nel 2095. Ogni volta che si avvicinano Americani in gruppo o comitiva scattano fughe degne di una finale dei 400 metri piani alle Olimpiadi, per evitare di diventare obiettivi sensibili…che non so bene se significhi essere degli obiettivi che si commuovono guardando Pocahontas e Per colpa delle stelle.
Qui in Veneto ad esempio, ci spaventiamo molto se vediamo pacchi sospetti, o zaini abbandonati. Se invece la bomba è in forma di damigiana o botte, il rischio serio è che ce la portiamo a casa per ispezionarne il contenuto.
Però ragazzi, parliamoci chiaro, noi delle lande desolate abbiamo quel fascino trascurato che nessuno può capire. Pantaloncini corti in Marzo quando la temperatura sale appena sopra i 9 gradi – 9 gradi e mezzo. Tagli di capelli improbabili ed abbigliamento da arresti domiciliari. Gusti discutibilissimi a tutti i livelli, dalle cavigliere fuori moda dal 2001 al rasta singolo che parte dalla parte bassa a destra della nuca. Pantaloni col cavallo non basso, morto proprio. Ci dimeniamo nella società moderna come si dimena l’acciuga che tenta di scappare dalle grinfie del pescatore. Ancora oggi, nel 2015 riesumiamo la moda 2013 dei fiori su ogni singolo capo di abbigliamento, perché noi delle periferie non cambiamo i vestiti ogni anno…al massimo ogni 4-5, e prima di buttarli, diventano prima “vestiti per casa” e poi “vestiti per i lavori in giardino”.
Pensate che qui ancora si portano i sandali Crocs, universalmente fuorilegge dal 2003.
Noi di periferia ci emozioniamo per cose ridicole, un’inaugurazione di un negozio di stivali è un evento super mondano, figuratevi un concerto di una star internazionale. Si ricordano ancora gli spostamenti di masse per il concerto di Madonna ad Udine, paragonabile soltanto alla migrazione stagionale degli erbivori nella pianura del Serengeti.
Ora che l’evento del millennio è la doppia tappa di Adele all’Arena di Verona, non solo fremiamo di impazienza per insegnare alla signorotta inglese alcune inflessioni tipiche Venete (che qui non riporteremo), ma riteniamo in maniera unanime che Verona meriti di diventare capitale della nazione per un periodo di tempo di 2 giorni. È l’occasione della vita, il classico “NO WAY BACK”, ragazzi di campagna, ragazze delle periferie, giovani dei quartieri poveri, uniamoci, il futuro è nelle nostre mani, dei sandali coi calzini bianchi, e dei cappelli a larghe tese per imitare (male) le ricche inglesi che vanno a vedere le gare di equitazione.
Uniti, vinceremo.
🙂
Mattyvic
è vero, concordo pienamente con quello che hai scritto che prima di buttare via un vestito ce ne passa di tempo…prima diventa vestito per casa e poi per i lavori in giardino…certo, seguiamo la moda ma non amiamo gli sprechi!!! :)))