Instagram – la guida definitiva

Instagram è una bestia che crea dipendenza e rincitrullisce la gente, a quanto pare.

Nonostante mi seguano quattro gatti, sono stato uno dei primi iscritti, mi emozionava l’idea di condividere solo con foto e al massimo poche parole, un concetto, un’idea, un’emozione. Ben presto,come tutte le cose che portano popolarità, è diventato preda dei pavoni, si è riempito di vitelli al pascolo e di uccelli che svolazzano loro intorno per pulirli dalle pulci. Letteralmente.

Al punto che essere “instagramer” è diventato un lavoro, una cosa di cui andare in giro a vantarsene, con buona pace dei fotografi professionisti che hanno passato una vita a fotografare matrimoni e tramonti, ma non avendo mai mostrato una chiappa, non godono di tanta popolarità, dopotutto. Funziona che sostanzialmente si fotografano cani, piatti di sushi al ristorante, appunto chiappe e tette, ed i followers iniziano a crescere in modo esponenziale, al punto che i marchi ti contattano per proporti collaborazioni commerciali, perché tu possa scattarti una foto mentre indossi un calzino, mangi un biscottino, o giri con accessori che a malapena si sarebbe messo il Pagliaccio Baraldi di Mai dire Martedì, di cui abbiamo una diapositiva. Accessori che in un paese serio ti costerebbero i domiciliari.

 
 
pagliacciobaraldi (1)
 

In sostanza con Instagram ci campi. Il problema è che ci ero cascato pure io. No, no, non nel ricevere prodotti gratuiti a casa; figuriamoci se mi regalano qualcosa, intendo nel diventare un drogato di Instagram. Ero arrivato al punto di pubblicare fino a 6-7 foto al giorno, ad orari regolari, per non deludere i followers, ed incrementarne il numero. Contattavo privatamente ciascuno dei follower per conoscerne nome, cognome, città di provenienza, professione e passioni. Conoscevo tutti per nickname, ormai chiamavo anche i miei amici con il loro username, tutto ruotava intorno ad Instagram. Risultato? Dopo due mesi avevo triplicato i followers, ed anche gli stalker, i e le ninfomani che mi scrivevano, e pure le vecchie allupate che mi intasavano le caselle di tutti i social di messaggi.

Ecco, penso siano state le vecchie allupate il mio campanello d’allarme. Ho iniziato lentamente ad allontanarmene mentre tutti se ne avvicinavano. Sono sempre fuori tempo io, ho iniziato a dire “Ciaone” la settimana scorsa, quando è palesemente fuori moda da sei mesi almeno. Ma poi…la moda, che sarà mai la moda? Far foto ad un piatto di sushi? Fotografarsi davanti ad un morto dentro una bara? Perché sì, signori, hanno fatto anche questo. Stenderemo un velo pietosissimo sopra alle foto scattate dall’alto, perché risultano spiegabili solo con la presenza di un’amica o un parente appesi al lampadario della stanza.

La rapida evoluzione delle cose ha portato Instagram a diventare la patria degli esibizionisti e dei pipponi da hashtag. Via libera quindi a profili di soli primi piani di visi, occhi, unghie dipinte e decorate, piedi, calzini, acconciature, disegni, petti, tette, culi, gambe e molto molto altro, ma so che siete perspicaci al punto di capire da soli cos’altro riempie i profili delle stars nudiste di Instagram. I pipponi invece scrivono veri e propri tomi sacri sotto ad una foto di un cane che caga, utilizzando per altro il linguaggio che usavamo in seconda elementare nei famosi temi “cos’hai fatto domenica con la tua famiglia?” (vecchio trucco delle maestre per farsi i cazzi delle famiglie, da oltre vent’anni, ma non divaghiamo dal nostro argomento faro). Con l’hashtag ti rendi riconoscibile e rintracciabile quindi sotto ad una foto in cui mostri una chiappa o una tetta, giustamente elenchi 290 hashtags che spaziano da #beautiful (che nonostante quel che ci insegna Christina Aguilera, no, non siamo tutti belli e belle, no), a #gorgeous (perché umili sempre) ad hashtag più pornografici che tralasceremo per motivi di costume e dignità di questo blog per chiudere con i vari #pussy #dick #boobs eccetera eccetera, o peggio #britneyspears #onedirection #pokémon. Ora la relazione tra Britney, un Pokémon ed un pene ci rimane abbastanza oscura, ma dobbiamo fare un ulteriore sforzo, ve ne prego.

 

imgres

Continueremo quindi con la mia esperienza di “instagramer”. Dopo la fase super follia (ai limiti del ricovero in psichiatria) ho iniziato a capire che la mia vita non si basava sul numero di followers su instagram; si fondava piuttosto sui pandori, i torroncini, il tacchino ripieno e la pizza. Ho quindi iniziato a lievitare come il pane sotto il panno umido e al raddoppiare della mia massa corporea si dimezzava il numero di selfie pubblicati, o al massimo fotografavo un polso, un gomito, il gatto strategico acchiappa gattare. Lentamente il mio viso è scomparso dalla home page e sono comparsi dolcetti, tramonti, gatti, insetti, fiori e piccole meraviglie della vita.
Ecco, io non sono un maestro di sicuro, ma la vita vera è un’altra cosa, vivere della quint’essenza del nulla non rende le persone “popolari” migliori di altre. Forse certo, riempie il loro ego di elogi e complimenti, ma anche volendola vedere da un punto di vista social, quando una foto del viso fa 3 volte i like di un culo della modella o del modello di turno, beh a quel punto son soddisfazioni. (non sono ancora guarito da instagrammite, me ne rendo conto ora).

Quindi riassumendo, ecco il decalogo per vivere instagram con dignità:

  1. No foto di parti anatomiche che non esporreste all’aria il 24 Novembre all’aperto
  2. No foto di Sushi. Dal 2011 andare al Sushi non è più uno status symbol perché i Cinesi ci hanno svaccato pure quello, quindi se mettete le foto del Temaki o del Naigiri, non passate nemmeno per ricconi. Ergo, il gioco non vale la candela, e tutti sapendo che siete dei poveracci, crederanno comunque che siate al Wok all you can eat a buffet 12,99 € / persona,
  3. Sì alle foto con gli animali. Probabilmente tra 10 anni riguardando le foto saranno gli unici esseri con cui abbiate fatto selfie che non vi abbiano trattato come tappabuchi.
  4. Sì alle foto dei tramonti. Semplicemente perché sì.
  5. No alle foto in movimento o peggio, in corsa da dentro l’automobile: non si vede una mezza mazza e fanno venire la nausea.
  6. No ai video in cui fate cover di canzoni. Uno, non sapete cantare, due, se anche sapeste cantare, non è il luogo dove mostrarvi e comunque vi ascolteremo in modalità silenziosa.
  7. No ai video più in generale.
  8. No all’abuso degli hashtag e no a commenti tritura testicoli sotto le vostre foto, già  molto spesso imbarazzanti anche senza commenti.
  9. Sì alle foto dal mondo, continuate a ricordarci che siamo poveri e mentre lavoriamo undici ore al giorno, voi andate in giro a vedere il mondo durante il vostro “anno sabbatico”
  10. No alle foto lampadate. Di lampadati ci sono già Carlo Conti e Umberto Smaila, e francamente ci bastano loro. Certo, nemmeno la Paola Ferrari della situazione… diciamo moderazione epidermica.


 

Ora, non per mettervi ansia, ma vi terrò d’occhio, come ogni stalker instagrammatico farebbe.

CIAOOONE

Mattyvic

4 thoughts on “Instagram – la guida definitiva

  1. Io, da bravo sociopatico bipolare, alterno momenti in cui sono un bravo Istagrammer ligio alle tue regole, a momenti in cui sono il peggior malato di instagrammite dei social.

  2. grazie dei consigli… ho iniziato da poco e non capisco molto bene come posso aumentare la mia visibilità in manienra decente e utile. @paolosapio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *