Caro Babbo Natale, sono Kader

Caro babbo natale,sono molte le cose che vorrei, quindi mettiti comodo.

Vorrei diventare piú buono, lo divento sempre troppo tardi anche perché nessuno mi riesce a mettere alla prova.
Vorrei essere meno intransigente, ma anche qui, non dipende da me che sono unico, perfetto e splendente nella mia purezza. Se la gente deve vivere per ammazzare il tempo, tanto vale che ammazzi se stessa e lo faccia alla svelta, senza far passare me per bigotto quando sono invece solo annoiato.
Sono grato alla mia solitudine come sono grato alla mia sessualitá, alla mia masticazione inversa e le mie allergie, alla mia strana infanzia di una matura felicitá, alla mia gioventú folle vissuta nel colmo del colmare, grato alla mia vecchiaia piú feroce e non da ultimo all’amore che non mi é stato corrisposto ma nel contempo mi é stato strappato e dilaniato, il mio cuore di troppo. Grato al finale piú roseo della morte da questa cultura che non mi appartiene e per fortuna non ho impiegato troppo tempo a capirlo. Ecco, vorrei ancor piú auto violenza, voglio continuare ad essere grandezza, che non puó esistere senza ferocia.

Ma…

Raccontare qualcosa di mio è sfibrante. Non mi rendo mai conto che raccontando qualcosa di mio, racconto all’interlocutore qualcosa di suo. Una radiografia dell’anima. E iniziano ad odiarmi per aver raccontato di loro, non di me, esclamando sistematicamente “sembra che tu mi veda dentro”, pensano di essere stati intrappolati, mentre si trovano sul fondo dell’abisso che ho descritto, il mio baratro. Io non scuoio volontariamente, io mostro i denti verso me stesso. Vorrei essere meno profetico, ecco tutto.

Vorrei il tonfo insieme all’eco. Per carità l’esperienza mi manca, ma vorrei finisse la routine di un corpo che cade, vorrei l’eco conseguente. Vorrei la voglia di attendere il prossimo suono a due a distanza. Basta sesso come servizio, come una pizza a domicilio. Non lo voglio, sono ormai abituato a cucinarmi da solo.

Vorrei amore neutrale, ma pecco di hybris, nessuno mi crede, la mia non faziosità.

Vorrei smettere di liberarmi dalla cattiveria dell’affetto, che ti invischia, con sentenze inappellabili. L’affetto pretende oggettività, imparzialità quando ti condanna, la brutalità no. Dalla brutalità puoi liberarti, dall’affetto elabori schiavitù. La prima ti toglie di bocca il tuo osso di sogno, la seconda te lo fa ingoiare da te. Voglio un sentimento brutale.

Non aspiro alla felicitá, come puoi ben leggere, aspiro alla serenitá.

Non ti ho chiesto nulla di concreto, tangibile, anche perché mal sopporto l’essere sfiorato, sia mai che io tocchi altro. Posso sfoderare altresì l’umiltá e dire infine che voglio te, e non uso un vorrei e non sto usando quel pronome personale rivolto a te, lardone che non esisti, mi rivolgo ad una persona concreta. Voglio la serenitá che solo la tua testa pesante e assonnata addosso mi sa dare. Il mio cuore é a prescindere di troppo, vorrei affidarne l’eccesso in mani che non lo spremano e facciano secernere umori non necessari.

Mani di un bambino pasticcione e bello, imbrattate dei più vari

colori. Mani che mi sappiano colorare l’escrescenza che odio.

Cosi come odio te.

Puro spirito natalizio

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