Prendere il volo – Recensione

prendere il volo 41BNu-C6iXL._SX318_BO1,204,203,200_Notte tra il 27 e il 28 ottobre 1949. L’aereo F-BAZN , un Constellation, finanziato all’Air France dall’imprenditore Howard Huges, decolla da Orly, direzione New York. La direzione rimane un’ utopia, l’aereo non arriverà mai alla grande mela. 37 persone e 11 membri dell’equipaggio, trovano il loro inferno nel paradiso delle Azzorre. Uno schianto. Fino ad oggi la cronaca più becera e violenta. Qui un differenziare quelle vite spezzate, partendo dall’istante che le ha unite, la morte. Prendere il volo e ridare a ciascuna vita il suo romanzo, unico e esemplare, in una concatenazione di eventi particolareggiata. Quarantotto frammenti di storie che formano un mondo, del quale spesso ci si scorda.
26 luglio 1950, il rapporto della commissione d’inchiesta, infine arriva davanti agli occhi del mondo, in modo tardivo, disperato, mistificatore e disumano. Sempre si crede che le risposte siano dovute, mai ci si sofferma a pensare che sono solo un inutile ammasso fuorviante.
Senza poter escludere con certezza assoluta la possibilità di un errore d’interpretazione, la commissione è dell’avviso che la navigazione inesatta del BAZN sia dovuta a un’improvvisa anomalia, a fine percorso e del tutto insospettabile per l’equipaggio, di alcuni elementi della ricezione radiogoniometrica, propagazione radioelettrica anomala o funzionamento diventato difettoso. Questa causa si è combinata con un eccesso di sicurezza dovuto alle buone condizioni atmosferiche presenti nella zona d’arrivo, condizioni che hanno spinto il comandante a non verificare la propria posizione come avrebbe fatto in condizioni atmosferiche più sfavorevoli. Ne è risultata alla fine, a causa dell’oscurità, un errata percezione d’avvistamento.
laurore prendere il voloVi è altro.
Una concatenazione di eventi che si discostano non poco da questo rapporto.
Una concatenazione di persone, che invece  neppure appaiono.
Ricchi, umili, famosi e sconosciuti.
Marcel Cerdan in un viaggio frettoloso per andare a riprendere il suo titolo con i pugni. Atteso da una Edith Piaf impaziente e passionale, che si spegnerà in preda alla colpa auto imputata di aver spinto lei il suo amato ad anticipare il viaggio prendendo quel volo. La sua ferocia sfocerà, a differenza di quanto in molti pensano, non nella canzone “Hymne a l’Amour” ma nella “Belle histoire d’amour” del 1959, dopo anni di dolore. Ginette Neveu, suo fratello e i suoi violini, lei astro nascente dall’archetto struggente e forsennato. Bernard Boutet de Monvel pittore, scultore, fotografo, decoratore di interni, uomo pieno di colori. Kay Kamen, genio del suo tempo, ideatore e fondatore del marketing più remunerativo mai conosciuto, quello della Disney a partire dall’orologio di Topolino. Amelie Ringler in un incredulo viaggio per scoprire se realmente l’enorme fortuna ereditata esisteva. Cinque pastori Baschi , in cerca di fortuna in un nuovo mondo. E l’elenco continua fino a quella che viene considerata la quarantanovesima vittima, lei, Margarete Froehmel, soffocatasi con il tubo della stufa alla notizia che la sua idolatrata Ginette Neveu era morta. Trovata nel suo appartamento con in una mano l’articolo di giornale, nell’altra una foto della violinista.

Un infinito concorso di cause determina il risultato più improbabile. Quarantotto persone, altrettanti fattori di incertezza riuniti per una serie di motivi innumerevoli: il destino è sempre una questione di punti di vista. Un aereo modello dove quarantotto frammenti di storie formano un mondo.

2da75d9bbe4a6a9b312dd218b3ef07e2Il tempo e lo spazio si dilatano nelle pagine, nella costellazione di carta, e arrivano ad abbracciare tutti coloro che si sono fermati, in un lutto che ha scalfito un’ umanità che difficilmente sa unire i punti delle stelle. Un’ umanità che ha bisogno di strumenti e del concreto. Non esiste più la meraviglia. La volta celeste era questo, era poesia. Quello è passato, trascorso, in un ottica umana del tempo. Ora la volta celeste è sgomento e come qualsiasi baratro deve essere saggiato. Perdiamo gli occhi, dietro mirabolanti strumenti. La magia, la stregoneria non è più lì in alto e fuori di noi, è dentro quel cannocchiale, quella mappa, quell’ingegno umano. Apprezzabile, forse. Tanto da poter spiegare un tale disastro solo attraverso un identico aereo fatto decollare dalle autorità nell’identico luogo, con le identiche condizioni, sulla medesima rotta. Esiste la diversità, esiste l’unicità, esiste il caso. La bellezza sconcertante del disordine. Comporre, ricomporre, scomporre. Cos’è poi il caos se non una questione di scala d’osservazione?

In termini retorici l’aereo che si appresta a decollare da Orly il 7 dicembre 1949 è una prosopopea. Questo libro non lo è. Non esiste un io onnisciente che indossa gli abiti delle vittime come ci si infila nei costumi di un teatrino d’epoca. La descrizione del volo, la distribuzione dei personaggi in base a ciò che fu la composizione dell’aereo, è l’unico punto di vista, l’unico effetto speciale, speriamo non ne nasconda altri.

bazn_cerdan_neveu_400 prendere il voloSommesso rammarico, sincera sobria pietà e qualunque altra caratteristica del bianco caratterizzano questo scrittore. Un mostro umano, come lo siamo tutti, che ha però saputo elevarsi fino alla radice latina del termine, diventando un prodigio, un fatto straordinario. Uomo che si accosta alla materia del suo romanzo in un modo voyeuristico guardando a tarda notte video su internet del ritrovamento del ricciolo di uno dei violini della Neveu, uomo che senza alcuna pietà o cuore scrive ad un figlio delle vittime in modo secco e brusco chiedendo ed esigendo informazioni sul padre. Uomo che fa suo quel titolo, prendere il volo, e si innalza. Decide ad esempio di far parlare quel figlio e mettere il suo racconto su carta. Decide che ad un certo punto bisognava partire, le sole orme delle vite non sono bastevoli, vi è la necessità di ripercorrere anche le orme più concrete che i primi soccorritori hanno impresso sulla roccia che porta al luogo dello schianto.
edith_piafIn corrispondenza anche il valore letterario di tale opera prende il volo. Quando ami devi ritornare. Trascorriamo vite non in preda a bussole impazzite, ma facendole noi in persona impazzire. Ci apriamo a qualsivoglia punto cardinale. Torniamo, stanchi , sfibrati, solo se siamo arrivati alle colonne d’Ercole , solo se abbiamo la fortuna di riuscire a trattenere il sale dell’acqua unicamente sulla pelle, non nei polmoni.
Confusi, disperati, con mosaici in testa e la convinzione che si, se ami devi tornare. Adrien Bosc, prima di ritornare, in un bar ad Horta sull’isola di Faial, si unisce a tutti quei marinai che lasciano i propri messaggi su una bacheca di legno che circonda il bancone. Parole affisse che attendono i loro destinatari, la fretta non è ammessa, il viaggio è personale, troveranno chi le prende o rimarranno lettera morta. Lui lascia il seguente fluire di lettere.

Un giorno abbatteremo le pareti della nostra prigione; parleremo a persone che ci risponderanno; I malintesi si dissolveranno tra i viventi ; I morti non avranno più segreti per noi. Un giorno prenderemo treni che partono.

Link utili:
Fammi tuo
Raccontamelo in una canzone
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