La vita non vissuta – Recensione

la vita non vissutaVivere, dell’ammasso e della privazione, dello squarcio e della sutura, del muscolo che si flette e del nervo che si sgretola, del viso rotto da un sorriso o del volto sfigurato da unghie di appartenenza altrui anche quando le si circoscrive al personale. In una cornice rossa, quanto più umorale. Il sangue. Paolo non lo sa, Paolo ha. Una moglie, una figlia, un lavoro appagante, una vita. Ammasso di tempo che possiede, il vagliarla non l’ha mai invece scalfito, dimentico di se stesso qual è. L’incontro con Valerio, scritto a suo dire nel sangue. É umano il considerare la cornice, l’elevarla, sentirsi in uno spazio delimitato, perché il suono si dilata ed erode nello spazio, meglio se delimitato per sentire il proprio eco. Altra cosa é il capirsi e quello lo si puó ottenere solo nelle spaccature, negli orizzonti che si, delimitano, ma definiscono. Il sangue diventa malato, che sarebbe più corretto definire variato. L’HIV, ma non é questo il discorrere, perché mentre quel sangue vario si ciba in una ferocia alterna e personale di un corpo, le membra stesse, l’individuo si accresce di quel nutrimento condiviso. Vi é qualcosa di piú meraviglioso? Il sangue e la sua basilarità che concedono ad una personalità di dichiararsi persona.

Virus in latino significa veleno.
Benchè termini in –us, è un neutro, come due sole altre parole latine: pelagus e vulnus. Nel Tanucci, la famosa grammatica del ginnasio, questo bel trio appariva tra le particolarità della seconda declinazione. Non l’ho più dimenticato. Niente di buono in nessuna. Nel pelago ti impelaghi; il volgo è volgare, dunque, come insegna Orazio, alla larga. E il virus… Be’, quello è virale, ti entra nel sangue e banchetta con la tua vita.

sculture-iperrealistiche-di-ron-mueck-lettoLa malattia non é poi discorso universale? La scelta della castrazione, quella é individuale. La generalitá del mezzo, una forbice affilata, quanto più arrugginita, metallo lucido e stridente. La personalità del gesto, chini sul proprio sesso. Che non ci sia nessuno, solo odore stantio e la muffa dell’immobilitá. Elidere il clitoride dopo aver saggiato un ammasso di carne con un taglio netto, per non sentir più niente. Elidere un prepuzio in un taglio circolare per assumere coscienza, per toccare meglio. Siamo sesso e il sangue che perdiamo e condividiamo attraverso esso.

Ma poi dovevamo farlo davvero? Dovevamo fidarci? Avevamo il coraggio? Il sesso ci aveva ingannato, si era preso gioco delle nostre vite. Come credergli ancora?

ron-mueck-geant la vita non vissutaLa semplicitá di uno scrittore, in tutta la sua disarmante bellezza, che pone in copertina un uovo, che é anche guscio e interno, che é. Lo sfondo é rosso, lo sfondo é saturo, la modifica non ha spazio. Un virus ti frammenta dall’interno, quindi quel guscio lo hai rotto tu, non l’alter. Vedere brandelli sparsi intorno non fa parte di questo quadro, il patetismo non tocca queste pagine fin dalla sua copertina. C’é un dentro, un insieme di colori senza qualsivoglia diversitá definita, albume o tuorlo che sia. Vi é un insieme, invischia la sola vista. I suoi elementi sono altresí differenziati. La densitá, quella rimane.
Questa volta no, non andró oltre nel discorrere, che ognuno trovi la sua malattia su queste carte, che trovi un martirio autoindotto, il suo inferno e il suo paradiso. A porte chiuse. É stata esperienza di troppa consapevolezza, per essere semplicemente detta.

Che cosa potevo raccontare? Una storia si può raccontare solo quando si capisce che la propria condizione non è riducibile a una definizione di vocabolario. Una storia nasce quando mancano le parole, quando le definizioni non significano abbastanza. Infatti, che possono mai significare HIV, AIDS, sieropositività, immunodeficienza per qualcuno che vuole raccontare la sua vita?

Ron-Mueck-Wild-Man-Sculpture la vita non vissutaVi sono cornici d’inchiostro che volontariamente e con violenza verso di te che mi stai leggendo continuo solamente a tratteggiare. Il termine arriva, a denti stretti e una sola volta con un impiego minimale e tale si merita di inchiostro, omosessualità. L’invito a smetterla di aderire ad un etichetta e farsene un problema, orgoglio o depressione che sia. Scendere dal carro carnevalesco della deviazione nella sessualitá. Arrivare a dichiararsi persona nella sua totalitá. Utopie. Il termine amore, in un rapporto di coppia che deflagra e si ricompone seguendo i moti di corpi che cambiano, dall’interno, nel sangue. Il termine HIV tinteggiato in pennellate vermiglie, dolorose e passionali.
Vi é altresí il biancore della carta e la sua infinitezza di spazio. Su questa concentrati. E questa, mi scuso con me stesso, ma la definisco grandezza.

Non trovi assurdo che di malattia non si parli mai? Gli ultimi a volerlo fare, poi, sono i sieropositivi… E’ ingiusto! La gente non sa niente della malattia, e non sa niente della salute… Io vorrei che una simile contrapposizione tra malattia e salute smettesse di esistere… Posso scrivere qualcosa perché a poco a poco la gente si liberi dai pregiudizi; perché la malattia cominci a essere considerata una condizione necessaria della vita… Non un male, un male e basta.

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