
(Alcun)i cattolici probabilmente continuano a considerare l’omosessualità una malattia infettiva che, qualora legittimata, si propagherà sulla terra come una piaga d’Egitto facendoli estinguere come foche monache nel mediterraneo e, anziché diffondere quel messaggio d’amore universale impresso nelle Sacre Scritture, preferiscono alimentare l’omofobia impedendo diritti al prossimo.
È prepotentemente ribalzato alle cronache il tema unioni civili, che di civile a quanto pare non hanno nulla, in occasione di una ormai fantomatica legge che dovrebbe indistintamente equiparare i diritti di tutti in materia “matrimoniale”, in discussione in parlamento in questi giorni. Ma guai a chiamarlo matrimonio! Se il governo è completamente spaccato sulla legiferazione, su di una sola cosa pare siano tutti d’accordo, si parlerà di “specifica formazione sociale”, manco un’unione (d’amore) tra due persone dello stesso sesso fosse una specie di cooperativa sociale.
Tre sono i punti di discussione, riporta Annalisa Cruzzocrea su La Repubblica in edicola oggi, l’impossibilità di prendere il cognome dal partner, nessun riferimento al codice civile nella gestione patrimoniale della coppia e, punto ancora più caldo, l’impossibilità di adottare i figli del partner, almeno non subito. Secondo quella che è stata definita stepchild adoption, l’adozione infatti non scatterebbe subito dopo l’unione, ma sarà un giudice a stabilire se riscontri o meno un rapporto di “genitorialità”, e bisognerà aspettare almeno due anni di effettiva convivenza. Dalla legge sarebbe stralciato ogni riferimento al matrimonio dal codice civile, mentre rimarrebbero inalterati i diritti successori.
Insomma, questa legge, anche se dovesse essere approvata, nulla o poco apporterebbe alla già pre-esistente normativa in materia di convivenza, garantendo alle coppie quel minimo sindacale che occorre più al governo per mettersi (apparentemente) in pari con l’Europa, che agli omosessuali per sentirsi legalmente una coppia a tutti gli effetti e non i soliti cittadini di serie B.
Tra i pochi a vedere chiaramente questa improbabile proposta di legge, il sottosegretario di Stato al Ministero delle Riforme costituzionali e Rapporti con il Parlamento, l’attivista LGBT Ivan Scalfarotto, che accusa: «La verità è che non vogliono nessuna legge. Qualcuno mi ha detto contrito che il suo vescovo non gli parla più. Stiamo rischiando di mandare a monte il lavoro di un anno».