
#CinemaCove di oggi cade in concomitanza con i giorni che vedono l’Italia protagonista (si spera) di un importante percorso di modernizzazione atteso da molti anni. Le tematiche affrontate nel film di cui vi parlo in questo vol. 23 raccontano di un’altra epoca e, per giunta, vissuta oltreoceano… ma non tolgono certamente significato alle battaglie sui diritti civili della società contemporanea, anzi!
Carol, di Todd Haynes, racconta la difficoltà di vivere un rapporto omosessuale nell’America del 1952, in cui (e non solo là) determinati tipi di amore erano considerati immorali e come veri e propri disturbi mentali. Naturalmente, accanto alle difficoltà, non mancano le passioni di esseri umani che provano semplicemente dei sentimenti. La sceneggiatura è stata tratta dal romanzo The price of salt (o Carol) di Patricia Highsmith, mancata nel 1995, autrice di diverse opere letterarie trasposte per il teatro e il cinema. Vi ricorderete Il talento di Mr. Ripley con Matt Damon, ad esempio.
Therese (Rooney Mara), una giovane e timida commessa dei grandi magazzini, conosce per caso Carol (Cate Blanchett), una donna più matura, bellissima e tremendamente affascinante.
Entrambe stanno vivendo un momento difficile, una per la crisi con il fidanzato che la vuole sposare, l’altra per l’imminente divorzio e la battaglia per ottenere la custodia della figlia. Dal loro primo incontro scatta un’immediata attrazione e non passerà momento in cui non si penseranno. Il loro legame cresce e diventa sempre più forte, ma il loro rapporto viene strenuamente ostacolato da Harge, marito di Carol, un uomo di vecchio stampo che non accetta la palese fine del suo matrimonio. Guardate un po’ chi lo interpreta…
Kyle Chandler! Vi ricordate il simpatico telefilm Ultime dal cielo? Gary riceveva, in compagnia di un bel gattone rosso, il giornale… del giorno dopo. La sua missione era salvare le persone. Ecco, è lui! Ottima carriera, direi!
In opposizione al personaggio del marito/padrone, troviamo Abby, amica ed ex fiamma di Carol, che comprende pienamente la situazione e cerca di offrire tutto l’aiuto che può.
Il ruolo è stato affidato a Sarah Paulson, arcinota grazie ai ruoli eccentrici (a dir poco) nelle stagioni di American Horror Story. Brava.
Sicuramente Carol è un prodotto degno di essere visto e apprezzato sul grande schermo e per sempre. Prima di tutto si assiste all’abbattimento totale dello stereotipo che vede la donna omosessuale come se fosse una camionista. E poi la classe e il carisma di Cate Blanchett: imperano per tutte le due ore. Stelline negli occhi per lei e la sua candidatura agli Oscar 2016.
Più debole l’interpretazione della Mara, forse scelta di proposito per dare corpo ad un personaggio insicuro e impaurito di fronte a un tipo di sentimento/attrazione del tutto nuovo per lei, fino a quel momento fidanzata con un ragazzo. Risultato: non fa moltissima breccia ed è difficile empatizzare.
Candidatura agli Oscar 2016 anche per lei, forse dovuta più alla potenza globale del film che l’ha avvolta che ad altro. Che non sia questo il motivo per cui la scena d’amore non mi è piaciuta moltissimo? Non mi è sembrata passionale al 100%.
Nonostante questo, il messaggio globale è ben presente. Il film dimostra di averlo lanciato con efficacia: se ciò che si prova non nuoce a nessuno, perché far finta che non esista? Per chi, poi? Lo spettatore resta dunque abbracciato dalla narrazione, anche grazie alla colonna sonora amalgamata pressoché alla perfezione. Un turbine non certo adrenalinico, ma direi “elettrico”, nel bene e nel male. C’è magnetismo, così come fra Therese e Carol, anche tra schermo e sala. Ciò contribuisce all’eterna lotta per far comprendere qualcosa che non tutti vogliono comprendere.
Alla prossima,
dan@ilpuntoh.com