
Quando si tratta di libri nel panorama LGBT noi de #ilPuntoH abbiamo sempre il radar attivo e questa volta ci siamo piacevolmente fermati a leggere “Cuore Satellite” del giovanissimo scrittore – vagamente suscettibile – di origine Salernitane ma Milanese di adozione, Pierpaolo Mandetta.
Il simpatico Pierpaolo non è novello nel mondo delle pubblicazioni: tra video, e altre storie – anche un po’ più spintarelle se vogliamo – si è conquistato una buona fetta di lettori in Italia.
Ma chi è realmente Pierpaolo? (che possiamo seguire anche qui alla sua pagina FB) Lui si racconta così:
Dell’87, nasce ad Agropoli, adorabile cittadina portuale del salernitano. Somaro convinto per l’intera carriera accademica, dopo il diploma in Agraria la sua passione per le storie lo sorprende a 21 anni, quando decide di iscriversi alla Scuola Holden di Torino. Dopo aver ottenuto l’attestato e aver affinato la sua penna, nel 2010 scrive per Unico, settimanale della provincia di Salerno. Tra il 2012 e il 2014 pubblica Vagamente suscettibili, La legge dei Lupi Nobili e Un cuore satellite, tre piccole edizioni con cui ha attualmente concluso i contratti per autopubblicarsi, in attesa di edizioni più rilevanti.
Nel gennaio 2015 avvia il progetto di racconti erotici, Aperti di notte, che riscuote grandi consensi sul web e che fa uscire in edizione eBook e cartacea.
Ma noi questo non bastava… e siamo sicuri che anche voi siate curiosi di sarebbe di più sul nostro scrittore. Ecco cosa gli abbiamo chiesto #ATuPerYou. Enjoy!
H: – Leggendo l’introduzione del tuo libro mi è venuto in mente subito l’arbusto del pomo di Sodoma che se lo si raccoglie si disfa disperdendo la cenere di cui è composto. Nelle tue pagine ricorrono spesso piante, fiori e natura: a quale ricordo o esperienza si lega questa tematica e a cosa diventa strumentale/essenziale nel fluire del racconto?
P: – Fin da quando ero bambino la natura ha sempre svolto un ruolo di rifugio dal mondo. Quando i miei genitori mi sgridavano, mi isolavo nel campo incolto dietro casa e ci passavo i pomeriggi, in silenzio, a studiare i fiori selvatici, la vita placida degli insetti tra le foglie e i sassi. La natura, per me, è un’alleata che l’uomo ha dimenticato, trascurato. Sia come autore che come persona, sono un tipo molto ansioso e problematico, un po’ il mio stesso nemico, e quando raggiungo picchi di confusione o tensione, la natura mi aiuta a smorzare la paura di affogare. Aiuterebbe tutti, credo. È in grado di rimetterci in contatto con le cose concrete, a fare pulizia nei pensieri in esubero. Quando la mia vita diventa caotica, mi fermo, torno nel cortile e prendo a travasare piante per un paio d’ore, ad affondare le mani nella terra fredda, a respirare l’aroma pungente degli attrezzi arrugginiti. E la mente si dà una frenata.
H: – Nell’anteprima si legge un continuo sentimento dentro e dietro le parole, quasi di rabbia. Io ti chiedo quale rabbia? Stato d’animo assoluto, fatto di amarezza fiera oppure il più canonico volersi scaricare, alla fine impotente come chi dà pugni contro il muro?
P: – Questo romanzo, a differenza degli altri, mi tocca ovviamente nel vivo. Molti aspetti del mio percorso li ho usati come cavie e come soggetti, e dunque per me è stata una stesura molto emotiva, affrontata in prima persona. All’inizio neppure volevo, ero intenzionato a raccontare una storia qualunque, ma a un certo punto ho capito che stavo aspettando da me stesso di liberarmi di tutti i sassolini accumulati nelle scarpe. Se poi ci metti i rapporti complicati che la maggior parte degli omosessuali patiscono coi propri parenti, è facile trarre una conclusione di rabbia e rancore.
H: -“Io non ci riesco più, a fingere.” ci lascia pensare che in un verso o nell’altro la vita e la letteratura si siano tra loro mischiate formando qualcosa di “altro”. Diresti che si è trattato più di un confluire della tua esperienza di vita nella letteratura che hai creato o che la letteratura stessa sia uscita dalla pagine del tuo libro entrando nella vita reale?
P: – Potrei rispondere cinquanta e cinquanta. Anzi, sembra quasi una lotta o una gara su quale dei due aspetti può avere la meglio, se la vita reale o quella romanzata. Alla fine penso ci sia un pareggio sereno.
H: – Tu che hai studiato in un liceo prestigioso e che hai avuto una formazione ricca in materia di lingua e sintassi italiana, in quanto scrittore, come e quando hai capito che la lingua come la conosciamo doveva essere rimodellata per esprimere le tue idee su carta? Questo processo di reinvenzione quali emozioni ti ha creato?
P:– L’uomo è un comunicatore. Ha bisogno di dire la sua. Il mezzo, poi, muta costantemente, sia attraverso i periodi storici che quelli personalissimi. La mia scrittura è cambiata spesso, soprattutto dopo la Holden, ormai sei anni fa. Si matura e si cambia nell’approccio, nel desiderio di condividere. La prima volta che capii di voler comunicare qualcosa, che a parole non riuscivo a tirare fuori, fu alle elementari, cominciando a disegnare. Ero già molto timido e insicuro, e così usai le penne e le matite per assicurare alla gente che fossi vivo e che avessi delle idee. Poi, alle medie, con lo sviluppo, i primi sguardi, i bulli, la disgrazia di scoprirmi diverso, la necessità di esprimere un dolore più complicato mi portarono a scrivere lunghi temi. La professoressa d’italiano mi guardava strano, per quanto fossi prolisso. Forse le stavo un po’ sulle balle perché le aggravavo il lavoro, così si sbarazzò di me mandandomi al corso di giornaletto della scuola. E dopo dieci anni sono qui coi miei romanzi.
H: – Con la tua sinossi ti inserisci volontariamente in una letteratura e scrittura che si compiace nell’essere definita “gay”, che pone nessi e ponti tra opera e autore. Vi è davvero un nesso tra sessualità e il fatto di essere autore del libro? Se non volessimo definirla una letteratura gay per non marcare la continua differenza che il mondo “normale” vuole imporci, a quale altro genere potrebbe appartenere la tua opera?
P: – È un tipico romanzo di formazione. Poi mi piace definirlo anche a tematica gay, ma più che altro perché tocca l’argomento in maniera moderna, non incentrato sull’omosessualità come problema o come seme da cui nasce la storia. Anzi, è la storia di un giovane gay che non sa amare a causa della sua famiglia, una delle tante tradizionali del Sud, che ha dimenticato di insegnargli come si dona affetto. Il protagonista, dunque, è l’amore, il Cuore Satellite che non si fa toccare, ed essendo questo fenomeno molto comune ai tempi d’oggi, spero che questo romanzo possa essere motivo di conforto per i giovani omosessuali che si trovano sprovvisti di mezzi per coltivare i propri sentimenti in maniera naturale.
H: Come abbiamo già detto prima, non hai scritto solo Cuore Satellite, ma anche romanzi un po’ più osé come “Aperti di notte”: a cosa ti ispiri quando li scrivi ? Quanto di te realmente c’è anche in queste storie?
P: Per scrivere Aperti di Notte ho usato l’atteggiamento contrario a quello che i registi adottano per girare film porno. Loro si basano su scenette plastiche e poco credibili, dunque non più eccitanti. La stessa posa missionaria per 5 minuti, pompino per sette, pecorina filmata per altri quindici. Mugugni forzati. Che palle. Ed è per questo che la gente ha quasi abbandonato la pornografia firmata per dedicarsi al panorama amatoriale. C’è adrenalina, lo spettatore può immedesimarsi. Un uomo che vuole masturbarsi non ha per niente voglia di farlo pensando a quello che già fa con sua moglie o il suo compagno, e stessa cosa vale per le donne. Vuole viaggiare per qualche istante in contesti rischiosi, oscuri, che non può permettersi nella vita vera. E’ così che ho scritto le storie dei miei racconti erotici. Esplorando il cruising, il tradimento, le perversioni che ognuno ha dentro di sé e che lascia riposare perché sconvenienti, o perché non abbiamo tempo, o siamo già impegnati con una persona. Di me c’è moltissimo e pochissimo, a seconda delle storie che mi eccitano.
H: Come ha reagito il pubblico fino ad ora ai tuoi libri: quale è quello che fino ad oggi ha riscosso maggior successo e secondo te perché?
P: Il pubblico ha reagito molto bene. E’ stata lenta, perché un autore self e sconosciuto deve prima seminare e convincere le persone che vale la vena spendere qualche euro per lui. Perciò è stato un lavoro lungo e impegnativo, un anno passato a scrivere ogni giorno sul mio blog. Ora la pagina sta crescendo e ne sono molto felice. Abbiamo superato le mille copie vendute. Il titolo che ha avuto più click è stato sicuramente Aperti di Notte, anche se la gente è più discreta e non lo dà a vedere. Mentre Cuore Satellite ha appassionato in tanti, soprattutto le donne, che poi mi scrivono, perché quella di Paolo è una storia molto comune. Colgo pure l’occasione per ringraziarli tutti, i fan della pagina e i lettori. Mi hanno aiutato a realizzare i miei sogni.
H: – Sempre riguardo alla parola “gay” che permea non solo la tua opera ma anche la tua persona visto che campeggia in primo piano nel tuo sito personale. Non sarebbe necessaria meno discriminazione a cominciare dal linguaggio, forse più anarchia, che poi vuol solo dire esprimere personalità, la propria, nella sua particolare (a)normalità?
P: – Io sono gay, non ho bisogno di normalizzarmi. Avvocato, bionda, nero, basso, single. Sono titoli addizionali, che non fanno la persona, ma danno informazioni. Sono anche preziosi per poter fare autoironia, sdrammatizzare, e divertirsi con se stessi. Soprattutto in un periodo storico in cui quel vocabolo è dilaniato dai mass-media, giocare con esso è essenziale per renderlo e rendersi ordinari, per rendere tutto più lieve.
H: – Qual è stata la reazione della tua famiglia e di chi ti circonda quando hai cominciato a pubblicare libri a tematica LGBT? Da cosa è scaturita la necessità (o se vogliamo la voglia) di scrivere per un pubblico più ampio?
P: – Quando non sono a Milano, vivo nel mio piccolo paese del salernitano. Qui mi vogliono bene in molti, e sono stati proprio i miei genitori a faticare di più per accettarmi. Il problema non è l’omosessualità, spesso. Per i genitori di provincia, l’incubo è l’opinione altrui, lo sparlare, i pettegolezzi, il trovarsi d’un tratto sulla bocca delle altre famiglie. Piano piano stanno capendo che non frega un cazzo a nessuno, e che anzi sono gli unici a preoccuparsi.
Per quanto riguarda lo scrivere, per me è un bisogno quotidiano che supera i romanzi. Perciò scrivo costantemente sulla mia pagina Facebook, soprattutto di quei luoghi comuni che avvicinano gay ed etero nelle stesse situazioni, comiche o drammatiche.
H: – E ora, come a noi de IlPuntoH piace concludere: qual è la domanda che nessuno ti ha mai fatto ma alla quale muori dalla voglia di rispondere?
P: – Oddio, davvero non saprei.
Grazie mille Pierpaolo!
Ora sono sicuro sarete curiosi di leggere i suoi romanzi. Oggi vi consigliamo Cuore Satellite.
Di cosa parla? Vi dico che si sa, i giovani gay non vedono l’ora di lasciare la provincia per la volta delle grandi città. Grindr che scoppia, palestre aperte fino a tardi, ampia scelta in discoteche. Ma c’è chi resta. Chi è attaccato alle piccole cose. Chi alla famiglia. Chi ai profumi della pasta fatta in casa o dei fiori di campo.
I gay di paese non mangiano sushi all’all you can eat, ma pranzano alla tavola calda con una parmigiana. Non scappano dalle madri in un bilocale a pezzi con due coinquilini, ma campano fino ai trent’anni nella stanzetta di sempre, con tutti i parenti nel quartiere. Non litigano con i fidanzati su Whatsapp, ma si minacciano alla finestra.
Paolo ha ventisette anni, vive a Salerno e ha un negozio di fiori. Sembra un giovane come tanti. Ha un’amica che cucina, un ragazzo che lo ama, Enzo, e una grande, strana famiglia. Paolo, però, nasconde un segreto. Un segreto che lo segue con due gambe e lo spinge a rifiutare l’amore, visto come un satellite che non riesce a toccare.
Quando le voci delle nonne lo mettono in guardia sul futuro, decide di correre ai ripari. Prima che l’estate giunga a Salerno, Paolo sarà costretto a riabbracciare il suo cuore satellite.
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Enjoy!