
Questa settimana ho visto davvero una marea di film e sono stato indeciso fino all’ultimo su quello che avrei commentato per #CinemaCove – vol. 24. Poi, spulciando negli archivi, mi sono reso conto che non vi parlavo di un film italiano da oltre 10 uscite. No, non poteva essere! E così ho scelto il film di Giuseppe Tornatore, un lavoro che rappresenta una forte virata dal filone “siciliano”, suo marchio di fabbrica.
Proprio per questo motivo, La Corrispondenza è un film che non mi aspettavo. Ovviamente non avevo letto nulla in proposito, se non che i protagonisti assoluti fossero il sempreverde Jeremy Irons (doppiato, va detto, da Luca Ward) e la brava (nonsolognocca) Olga Kurylenko.
Ed e Amy si amano. Lui è un brillante professore di astrofisica, lei è una diligente e spericolata (fa la stuntwoman) studentessa. Non sappiamo altro della loro relazione. Il loro rapporto “del prima” è stato lasciato nell’altrove dell’immaginazione. Diamo per certo il loro amore. Le vicende ci portano piuttosto a seguire come, in un dato momento, si ritrovano ad affrontare un percorso di comunicazione sui generis attraverso l’avvio di uno scambio di corrispondenza molto particolare.
In virtù del NO SPOILER, baluardo dei miei articoli, a questo giro sono obbligato ad un commento quasi flash, perché la trama è così unica che rischierei di rivelare qualcosa anche con poche parole. La Corrispondenza va visto e seguito passo dopo passo, anzi… lettera dopo lettera, e-mail dopo e-mail, sms dopo sms, video dopo video. Non solo. Il nostro caro Giuseppe si è creato delle basi belle massicce oltre al cast. Colonna sonora onnipresente di Ennio Morricone, location a staffetta tra Scozia e Isola di San Giulio sul Lago d’Orta e un loop di sentimenti (anche di colori e inquadrature), MA UN LOOP DAVVERO, tutto da gustare.
Tornatore ammette un piccolo rimando a La casa sul lago del tempo, film di qualche annetto fa con Sandra Bullock e Keanu Reeves. Ne La Corrispondenza il plot segue una strada diversa e abbiamo un filo di scientificità in più (visto il chiaro ambiente accademico), dimostrato dal percorso ideato da Ed per Amy. E comunque entrambi, ognuno con i propri mezzi, portano chi guarda ai progressivi approfondimenti.
Non si tratta certamente di una commedia, ma non lo ridurrei nemmeno alla definizione di “melodramma”, come ho sentito definirlo qua e là. D’accordo, c’è una buona dose di romanticismo, ma non ci ho trovato “vecchiaia” né insopportabile retorica. Anzi, un’elaborazione come questa mi è risultata nuova, quindi apprezzabile. Un braciere sfrigolante di idee: l’amore legato alla scienza, il tema dell’eternità, le coincidenze, le sorprese, il peso del senso di colpa, lo scontro con l’assenza, il sentimento dell’egoismo, la crisi e la (ri)scoperta di sé. Tutto compreso in un percorso realizzato grazie alla tecnologia. Vi sembra poco?
C’è chi dice che il film non sia riuscito. In realtà le opinioni sono un po’ divise a metà. A tanti è piaciuto. Per quel che mi riguarda, ho trovato solo un piccolo neo nel fatto di dilungarsi un pelino troppo. Negli ultimi venti minuti iniziavo a chiedermi come mai non chiudesse: il messaggio era già chiaro. Per il resto, continuo a pensare a una battuta fatta dire al personaggio di Ed: “La mente umana non potrà mai capire l’Infinito e nemmeno l’amore“… E voi che fate? Non andate a vedere come, quando e perché l’ha detta?
Ci vediamo presto per #CinemaCove – vol. 25
Ciao!
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