FREAKEND – LA SETTIMANA DI SANREMO

Questa domenica non solo ha sancito l’inizio della festa degli innamorati del quale non mi va di parlare per ovvi conflitti di interesse che mi faranno finire con una confezione di haagen duz mentre ascolto Adele, ma è anche il giorno subito dopo la finalissima dell’evento che ha tenuto quasi l’intera Italia incollata agli schermi: parlo ovviamente di SANREMO.

Un’edizione che sicuramente verrà ricordata per tanti e tanti motivi che andremo a dividere in tre blocchi, ma prima cerchiamo di dare un corpo a questa kermesse.
La presentazione è stata affidata ad un austero Carlo Conti che pingue e tronfio degli ottimi risultati dell’anno scorso è stato riconfermato pure quest’anno, facendosi accompagnare da una solita modella ignota che viene pescata nel mare del nulla per queste 5 serate, tale Madalina Ghenea, da un improbabile Gabriel Garko – che per quanto mi riguarda potrebbe benissimo restare nell’immaginario collettivo per essere stato testimonia dell’intimo SLOGGI che ad oggi è il suo cavallo di battaglia in quella foresta proibita che è la sua carriera – e da un’invincibile Virginia Raffaele, stella reale di questo Festival.

E’ proprio una delle imitatrici più famose di questi ultimi anni che ha dato modo a questo Sanremo d’essere così chiacchierato e seguito. Tre stacchi per serata su cinque serate che l’hanno vista protagonista nei panni di Sabrina Ferilli, di Carla Fracci, di Donatella Versace, di Belen Rodriguez e infine nei panni di sé stessa.
Qualche volta la risata è stata grassa e di gusto, altre un po’ tirata, ma succede; si sa che l’Ariston non è proprio il luogo più adatto per la piena libertà di parola, c’è sempre un pubblico un po’ tradizionalista che ti applaude, un conduttore leonino che con rigore difende la rispettabile missione che gli è stata data e una trasmissione in eurovisione che mette un po’ d’ansia. Ma questo non è stato tuttavia un grosso scoglio da superare per la bella romana che ha avuto modo di lanciare qualche frecciatina, alle volte più goliardica, altre un po’ più seria mentre uno sguardo imbarazzato di Conti cercava un appiglio per poter andare avanti.
La Raffaele insomma era la ventata d’aria fresca che serviva a sciogliere il ghiaccio durante qualche momento di stasi che un evento così lungo può comportare. E in un mondo che ormai è così saturo di imitazioni, dove i protagonisti sono già di per sé una propria caricatura , ci vuole coraggio ad essere poliformi mantenendo però quel timbro personale caratterizzante.

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Altro motivo per il quale vale sicuramente la pena ricordare questa sessantaseiesima edizione è racchiuso nell’hashtag imperante su twitter: #SANREMOARCOBALENO
E’ partita infatti poche ora prima della messa in onda della prima puntata una campagna diffusa soprattutto da Andrea Pinna che invitava i cantanti in gara a portare sul palco un accessorio arcobaleno per sostenere il disegno di legge in discussione in questi giorni sulle Unioni Civili: il movimento virale è arrivato all’attenzione di Noemi e Arisa che hanno accettato di buon grado e sono riuscite a coinvolgere quasi la totalità della gente che calcava il palco; dai 17 big in gara su 20, alle nuove proposte, passando dal papillon di Vessicchio e gli occhiali di Garko o i nastrini della Ghenea sul braccio fino ad arrivare ai vari bracciali o adesivi di quasi tutti gli ospiti delle serate – da Hozier ad Elisa -. Insomma questa tinta arcobaleno che ha fatto sudare freddo il signor Conti ha avuto una risonanza altissima e un ancora più grande successo; si è capito insomma che la maggioranza degli italiani è pronta ad essere civile e credo che sia un validissimo motivo per ricordarsi di questa edizione, una delle più belle da anni.
Un Sanremo politico che fa ridacchiare al pensiero che non lo è stato per via della presenza di Carlo Conti, ma proprio PER la presenza di Carlo Conti che è stato vittima passiva del processo, roba che nessuno si sarebbe aspettato.

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Ultimo blocco dedicato ovviamente alla vera essenza del festival: la musica.
E qui non c’è molto da dire perché le dinamiche sono sempre le stesse, vince sempre (o quasi) chi non vorresti proprio. Quest’anno è toccata agli Stadio che hanno in pratica fatto una scorpacciata di premi manco fossero esposti al buffet di un matrimonio in note. Quello che davvero stupisce è l’innalzamento del talento di questa edizione, perché mai mi ero trovato prima ad essere totalmente indeciso su quale canzone preferire, se Noemi e la sua “La borsa di una donna” o Arisa con “Guardando il cielo” o ancora la superba Patty Pravo con “Cieli immensi” che alla fine avevo pure proclamato speranzosamente vincitrice salvo poi ritrovarmela al sesto posto sotto Lorenzo Fragola. Fortunatamente la critica ha saputo apprezzare il brano premiandola col suo premio Mia Martini.
Il vero punto resta comunque non tanto l’indignazione di molti che a fine partita ti fa chiedere più o meno questo:

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Il nocciolo della questione è piuttosto un altro: ma l’Italia è davvero un Paese per vecchi?
Per carità, gloria agli Stadio che sono stati un pezzo di storia della nostra cultura musicale, ma sul podio avevamo anche una giovane ventenne talentuosa, forse un po’ impacciata ma carica nella voce e con un buon brano sulle spalle. Avevamo la vetusta potenza della Pravo, unica canuta tinta che avrei accettato come vincitrice, avevamo un usignolo come Arisa, delle grintose Noemi e Dolcenera, ma allora perché non riusciamo a toglierci questo odore stantio di dosso? Perché anche tra gli artisti più freschi manca quel brio che riesce a smuoverti da dentro, quello che ci manca è la cultura Pop; Non riusciamo non tanto a sradicare le nostre origini perché mai sia, abbiamo Mina e ce la teniamo strettissima, ma piuttosto a guardare nuovi orizzonti; lo dimostra la vincita degli stadio.
La verità è che avremmo bisogno di una Lady Gaga made in Italy, perché me ne faccio pocco dei vari “I’m italian” della Germanotta o della Ciccone.
L’anno scorso Il Volo, quest’anno gli stadio: riusciremo mai a non mandare all’Eurovision Villa Felice mentre quelli ci sbattono in faccia sgualdrinelle prorompenti e donne con la barba?

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