
Avevo già parlato dei puppies nel mio primo articolo su Il Punto H. Da fenomeno largamente di nicchia, il travestimento da cane si sta espandendo nella comunità fetish italiana, nonostante il ritardo rispetto ad altri Paesi europei e soprattutto rispetto agli americani. Per spiegarvi cosa sono i puppies oggi ho il piacere di intervistare Aaron Green, un adorabile cagnolino umano. Sit back, relax and enjoy your flight.
Cosa vuol dire essere un puppy?
Ti dico la mia interpretazione di cos’è e cosa vuol dire essere un puppy. Ovviamente non è una legge universale e ci sono molte sfumature. Per me Aaron è un alter ego e rappresenta alcuni aspetti del mio carattere rimasti nascosti per molto tempo e che con la maschera hanno trovato modo di esprimersi. Quindi Aaron è una seconda parte di me stesso.
Quando hai scoperto il mondo dei puppy? E quando hai iniziato?
L’ho scoperto l’anno scorso per caso su Facebook, quando erano comparse le foto del Pride di Milano. Per la prima volta ho visto un puppy in Italia [il primo Mister Puppy, Zaush ndr]. Avevo già visto queste figure canine su Tumblr ma se ne sapeva poco in Italia. Inoltre non frequentavo l’ambiente leather o la comunità fetish, quindi vedere Zaush è stata una scoperta. L’ho vista come una cosa molto giocosa, niente di sessuale, e gli occhi di Zaush erano molto espressivi, indice di una persona serena che si stava divertendo. Questa ovviamente è una peculiarità di tutte le maschere: esaltano tantissimo gli occhi.
Dopodiché avevo visto che un ragazzo che conosco aveva delle foto con Zaush e gli avevo detto che ero interessato a scoprire questo mondo. Lui mi aveva consigliato di scrivere direttamente a lui ed ero un po’ in soggezione, dato che ho sempre visto “i Mister qualcosa” come figure di spicco all’interno di una comunità. Essendo abbastanza fuori dal giro, anche gay, non credevo che mi avrebbe risposto. Invece abbiamo parlato e gli ho chiesto molte informazioni sul mondo dei puppies. Poi ci siamo visti e ho provato la prima maschera a casa sua. Quella maschera la porto tuttora, è una cosa in cui ti identifichi.
Com’è stato vestire i panni del puppy la prima volta?
Mi guardavo e c’era un’altra parte di me, più sicura e sfrontata, che prima non riuscivo a vedere. Ciò che caratterizza il puppy è la maschera, non c’è un dress-code. Si può essere amanti del leather, del rubber, dello sportswear. Questo differenzia molto la comunità dal resto dei fetishmen, perché non siamo uniti dalla passione per un materiale o uno stile di abbigliamento, a parte la maschera. Indossarla è come avere un’armatura, mi dà una sensazione di sicurezza. Allo stesso modo è come se l’altra parte di te fosse protetta. Ovviamente tutto questo è soggettivo e vale per me. Per scoprire cosa vuol dire bisognerebbe provarlo.
Parlaci della differenza tra dogslave e puppy.
Per quanto siano simili (e soprattutto in Italia passa ancora l’immagine del puppy = slave) in realtà sono due figure differenti. Intanto il dogslave solitamente lo diventa perché il suo master decide di trattarlo come se fosse un cane e rientra nei giochi di ruolo sessuali, di dominazione/umiliazione. Il puppy invece non si pone ad un livello inferiore del suo handler [chi accompagna il puppy ndr] o dell’owner [il proprietario, che può essere per esempio il compagno ndr]. Verosimilmente possono esistere anche due puppy che sono l’uno il proprietario dell’altro, per farti capire che questo prescinde dai ruoli di master e slave. Dopodiché se uno ha dentro di sé desideri di sottomissione allora può essere allo stesso tempo un dogslave, ma non è necessario che questo avvenga. Inoltre un puppy può essere attivo e dominante e c’è una classificazione interna ad indicarlo [puppy alfa, puppy beta e puppy omega che definiscono la gerarchia del “branco”, non legate a ruoli sessuali ndr].
In Italia ci sono una manciata di puppies. Com’è il rapporto col resto della comunità gay?
Beh c’è sempre una sorta di stigma, se sei un puppy allora sei un pervertito. Il leather è un po’ più sdoganato ma diciamo che tutta la comunità fetish viene grossomodo derisa dal resto dei gay. C’è sempre un po’ di timore a presentarsi come puppy, e posso dirti che nella maggior parte dei casi di guardano come se fossi fuori di cervello. Come se tu “rovinassi” tutto il lavoro degli attivisti per bene. Non c’è informazione nemmeno da parte della comunità fetish, che resta abbastanza chiusa. Molti non vedono il motivo di dover spiegare o giustificarsi col resto dei gay per i propri gusti. Della serie “io sto bene con me stesso, loro la pensano così. Cazzi loro”. Ed effettivamente hanno ragione, anche se a volte può essere un limite.
Tu hai scritto un tweet a proposito dello stigma, poco prima del Pride di Roma. Quei giorni in effetti è stata diffusa una foto del Folsom che ritraeva dei puppies spacciata una foto del Pride. La foto in questione è stata pesantemente strumentalizzata. Come ti sei trovato ad interagire?
Sì, quella foto ha suscitato commenti da eterosessuali, omofobi e omosessuali stessi. Ad un paio di persone con cui mi sono confrontato ho detto che uno può anche non condividerla, ma è in ogni caso un’espressione di se stessi. Quello che mi dà fastidio è che per attaccare la comunità LGBT si vanno sempre a prendere immagini di leather o fetishmen. In queste situazioni ci si scontra da una parte con persone che vedono del marcio anche dove non c’è e dall’altra delle forme di esuberanza a volte esagerata. Per quanto mi riguarda ad una manifestazione uno può camminare come vuole nel limite del senso civico.
Il problema è che il limite del senso civico e del pudore sono soggettivi. Ognuno ha la sua visione.
Esatto. Il limite della legge credo sia la nudità, ma poi non c’è una regola che definisca il vestiario. Un conto è entrare in una chiesa, ma nel Pride il limite lo decide la persona, non si può deciderlo a priori. Purtroppo ad ogni Pride ci esponiamo al pubblico, facciamo vedere che esistiamo, però nel momento in cui ti esponi è possibile che qualcuno ti critichi. Dipende anche che messaggio vuoi mandare. In ogni caso, per quanto riguarda il puppy, viene percepito sempre come volgare perché le persone non sono abituate, è sempre visto come un qualcosa di perverso o di sessuale. Ma questo vale per tutto. Anche una foto di nudo per qualcuno può essere volgare e per altri erotica o artistica.
Ringrazio Aaron per aver parlato con me per più di un’ora. Ci vediamo al Pride!
P.S.
Se siete interessati a conoscere meglio il mondo leather/fetish/puppy potete far riferimento all’associazione LFM Milano e relative associazioni in altre città.
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