
Il governatore di Dar es Salaam, la città più prospera della Tanzania, ha istituito una task force per trovare ed imprigionare gli omosessuali nel paese nel tentativo di rendere la città completamente “non-gay”; la cittadinanza è stata invitata a denunciare qualsiasi sospetto prima del 6 novembre, data in cui entrerà in azione.
“Nella nostra regione, non abbiamo bisogno dei gay” ha dichiarato il governatore Paul Makonda due giorni fa, “nella nostra regione, non ci sono diritti per gli omosessuali”: infatti la legge in Tanzania prevede da 30 anni in prigione all’ergastolo per chiunque sia giudicato colpevole di intrattenere una relazione omosessuale; solamente l’anno scorso sono state arrestate 12 persone nella città, mentre quest’anno sono state arrestate almeno 20 persone nella regione semi-autonoma di Zanzibar.
“Sono stato informato della presenza di molti omosessuali nella nostra provincia” – ha dichiarato Makonda, in carica dal 2016, un anno dopo il presidente John Magufuli, che ha basato la sua campagna sulla retorica violenta e fortemente omofobica, famosamente dichiarando che tutti debbano condannare l’omosessualità, ‘persino le mucche’ – “Se sei a conoscenza di un omosessuale, devi denunciarli ad un agente di polizia. Nessuno può sfuggire”; “Gli omosessuali si vantano nei media e sui social media della loro sessualità ‘anormale’. Datemi i loro nomi, il mio team li avrà tutti per lunedì prossimo”.
Al 1° novembre sono state confermate oltre 10 000 denunce da parte della popolazione, di cui molte comprendono anche foto ed indirizzi, a dimostrazione del coinvolgimento della popolazione locale alle politiche d’odio a livello nazionale (e continentale, date misure simili al momento in atto in molti altri paesi). La risposta internazionale, invece, non è stata altrettanto calorosa, con una forte opposizione da parte di diversi paesi, soprattutto occidentali, ma la riposta era aspettata, infatti Makonda ha dichiarato “Quando prendiamo decisioni sui nostri affari, non interferite con noi. Se vedete veramente dei gay, è giusto che li prendiate e gli permettiate di vivere nel vostro paese, perché possono venire da voi e dirvi ‘noi siamo respinti dalla Tanzania’ o ‘noi siamo respinti da Dar es Salaam’. Quindi prendeteli e permettetegli di rimanere con voi. Ma nella nostra regione non abbiamo bisogno dei gay, nella nostra regione non ci sono diritti per i gay, perché la legge prevede ciò. Nella nostra regione non abbiamo bisogno di valori morali guasti che influenzeranno la prossima generazione. A Dar es Salaam l’omosessualità non è un diritto umano, l’omosessualità è un crimine”. La regione già in passato si è distinta per le sue politiche intransigenti, con numerosi casi di crimini d’odio contro la comunità lgbt+, comprese aggressioni ed omicidi.
La task force sarà composta di 17 persone, tra cui poliziotti, dottori, psicologi, membri del Consiglio per il Cinema ed ufficiali della Tanzania Communications Regulatory Authority: questi ufficiali, esperti di comunicazione, monitoreranno i messaggi e i social ed è infatti stata rilasciata un avviso al pubblico per la rimozione di contenuti espliciti dai propri telefoni prima del 5 novembre. Il team prevede anche la presenza di dottori che effettueranno dei “test”, già previsti per legge in altri paesi del continente, ma attaccati legalmente e non in molti di questi, per verificare la veridicità della denuncia: i test passano da semplici test dell’odore, secondo cui i gay sarebbero più profumati degli eterosessuali, fino a test anali.
L’introduzione della task force sarebbe l’ennesimo colpo contro una comunità già stremata e decimata, soprattutto dalla discriminazione a livello medico, compresa la chiusura l’anno scorso (2017) in tutta la regione delle cliniche private per i malati di HIV perché “trattavano gli omosessuali” e promuovevano rapporti omosessuali, a detta del ministro della salute Ummy Mwalimu. Le cliniche, secondo il piano del governo, dovrebbero essere sostituite da cliniche controllate dal governo stesso, ma precedenti iniziative statali per la prevenzione e cura dell’HIV e dell’AIDS sono già state tagliate e cancellate dal governo stesso.
Un terzo della comunità LGBT+ della Tanzania è affetto dall’HIV (circa 1,5 milioni di persone), secondo statistiche ufficiali e solamente nel 2016 oltre 32 000 persone sono morte per l’AIDS.