Quattro poliziotti imputati per la violenta uccisione dell'attivista greco Zak Kostopoulos

Sono stati imputati quattro poliziotti per la violenta uccisione di Zak Kostopoulos, attivista e drag queen 33enne morto per un infarto causato dalle lesioni di un pestaggio.

L’attivista è stato ucciso il 21 settembre ad Omonoia, il distretto centrale di Atene, nel tentativo di uscire da un negozio di gioielli nel quale era rimasto chiuso, in circostanze ancora inspiegate, rompendo il vetro con un estintore; due uomini, proprietari dell’esercizio, hanno cominciato a picchiarlo violentemente appena uscito nonostante la folla che si stava creando attorno a loro, tra cui un paramedico che lo ha inizialmente protetto e gli ha permesso di allontanarsi dalla scena, ma è stato trovato poco dopo dalla polizia, ancora disorientato, e pestato mentre lo ammanettavano, per poi morire a causa delle lesioni nell’ambulanza che lo stava portando in ospedale.
Il caso è scoppiato con la pubblicazione di un video dell’aggressione online, portando a proteste internazionali, sia online sia nelle strade, anche in Italia.
La polizia aveva giustificato il proprio intervento sostenendo che Kostopoulos fosse “un ladro tossicodipendente armato di coltello” e mentendo sui fatti del caso, almeno fino alla pubblicazione del rapporto tossicologico ed il giorno dopo dell’autopsia, che hanno rivelato rispettivamente che l’uomo non avesse droga o alcol in circolo al momento della morte e che sia morto di ischemia miocardica, per cui la sua morte è sicuramente legata alle lesioni subite. La polizia ha dovuto perciò riaprire l’indagine.
La descrizione, però, era già stata messa in discussione da amici e conoscenti di Kostopoulos, che lo descrivevano come qualcuno che amava aiutare il prossimo e si batteva per l’accettazione delle minoranze, soprattutto la comunità LGBT+ e le persone sieropositive.
“Il suo vero nome è Zacharias, che deriva dalla parola greca ‘zachari’, che significa zucchero. Il suo nome era letteralmente zucchero, ed era la persona più dolce che ho mai conosciuto” ha ricordato l’amica e giornalista Christina Michalou.
Il caso ha portato la comunità LGBT locale nelle strade sin dai primi momenti e l’accusa dei quattro poliziotti, che in un primo momento erano stati semplicemente trasferiti in un altro distretto, di inflizione di fatali lesioni fisiche è stata la prima vittoria da settembre scorso.
I genitori della vittima hanno chiesto che l’accusa diventi di omicidio: “Dato che stavano affrontando un uomo già ferito e palesemente in stato di debolezza, il loro comportamento violento ed i loro colpi non posso essere giustificati come ‘violenza legale’. È ovvio che a livello legale le loro azioni devono essere considerate come omicidio colposo, perché date le circostanze avrebbero potuto prevedere l’effetto letale delle loro azioni, eppure le hanno compiute”.
I poliziotti devono presentare la dichiarazione di difesa entro il 12 dicembre.
I funerali si sono tenuti nel villaggio in cui è cresciuto, Kirra, con grande partecipazione della comunità LGBT+ locale che ne ha celebrato la vita e l’arte, coprendo la tomba di glitter, parrucche e bandiere arcobaleno.

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