
I Paesei “anti-gay” sono davvero pericolosi per le persone LGBT o magari l’afflusso di turisti può aiutare a cambiare il corso delle cose in queste nazioni?
Vacanze di Natale finite ed è già tempo di ritornare ai propri lavori, studi o ricerca del lavoro… ma la mente viaggia (almeno la mia sta già pensando a dove andare in estate) e quindi ecco una piccola riflessione di viaggio (frutto di dati ricevuti dall’azienda del turismo del Regno Unito –dove lavoro- ) …magari utile, magari no… ma di sicuro molto interessante.
Solo 60 anni fa, un tempo che può sembrarci lungo ma credetemi non lo è, la Spagna era un posto piuttosto repressivo. Sotto la morsa del generale Franco e della Chiesa cattolica, las Costas (Costa Brava) allora erano una zona non-divertente e per niente sicura.
Ad esempio, quando i primi voli portarono turisti in cerca di divertimento dal Regno Unito e dall’Europa del nort in genere, alle spiagge spagnole nel 1958, la polizia che vide i turisti che indossavano bikini e altri costumi da bagno troppo ‘rivelatori’ ordinò loro di coprirsi e utilizzare costumi da bagno più consoni.
L’anno scorso, invece, più di 18 milioni di turisti britannici hanno visitato la Spagna e, visto il modo in cui alcuni di loro – purtroppo – si comportano sotto l’influenza della sangria a basso costo, i direttori dei tour operator del Regno Unito si augurano di cuore che la polizia sia di più ampie vedute. E a quanto pare, sembra proprio che sia così: il turismo è stato il maggiore accelleratore di crescita che ha accompagnato la Spagna nel suo incredibile viaggio dal ristagno repressivo alla moderna nazione europea.
L’inondazione di turisti ha stimolato l’economia del paese e, secondo Giles Tremlett, autore di Ghosts of Spain, ha portato con sé “l’aria fresca della democrazia”.
Sappiamo che le vacanze possono cambiarci, sperando di lasciarci riposati, rilassati e divertiti, ma quanta capacità abbiamo per cambiare i luoghi che visitiamo?
Questa è una domanda importante da porsi, soprattutto quando si è gay, perché ci sono ancora più di 70 paesi nel mondo con leggi anti-gay, dove esibizioni pubbliche di affetto o sesso gay a porte chiuse potrebbero portarci in prigione o peggio.
Nel frattempo, sempre più mete turistiche si sono messe in competizione per attirare i turisti LGBTQI (e i nostri soldini anche, per una sana circolazione dell’economia mondiale) e tra questi spicca da sempre Tel Aviv e Israele, il cui ente turistico (almeno in Europa) mira molto alla comunità rainbow di ogni paese. Ma non solo, la classica spiaggia gay e le aree urbane dell’Europa e del Nord America si trovano ora di fronte a una dura concorrenza da parte di una moltitudine di destinazioni in Asia e in America Latina che desiderano mostrare il loro lato “friendly”.
Ma ci si potrà fidare?
Il problema vero è che il mondo non è così facilmente divisibile in “buono” o “cattivo”, o ancora in “gay-friendly” e “non gay-friendly”. Molte persone (soprattutto addette ai lavori nel turismo) negli oltre 70 paesi per così dire “anti-gay” non credono necessariamente alla retorica che i loro leader lanciano, e sono più interessate a guadagnarsi da vivere per la propria famiglia e ad assicurare che i visitatori siano i benvenuti.
E se poi pensiamo che anche in alcuni paesi Europei, gli atteggiamenti nei confronti della comunità LGBTQI e dei propri diritti non sono proprio “friendly”, allora si capisce che bisogna analizzare ogni destinazione in maniera individuale e valutando bene tutti i “pro” e i “contro” della nazione che si vuole visitare e quanto, ma questa è una domanda da fare intimamente a noi stessi, siamo disposti a sottostare a “determinate regole” (anche non scritte) locali pur di visitare quel posto e non mettere noi stessi in pericolo per il nostro orientamento sessuale.
Personalmente credo che in un’epoca di divisione e odio, quando i leader mondiali separano i popoli e costruiscono muri, i viaggi diventano un atto di ribellione vero e proprio. Dopotutto, Mark Twain stesso lo ha sottolineato quando ha detto: “Il viaggio è fatale per pregiudizi, bigottismo e ristrettezza mentale”.
Credo che siano parola che vanno in una doppia direzione: non solo verso chi incontriamo recandoci in nuovo posto, ma anche verso di noi, che viaggiando mettiamo in gioco noi stessi, le nostre convizioni, i nostri “pregiudizi” e ci riscopriamo ad ogni viaggio.
Certo, dobbiamo viaggiare coraggiosamente, ma anche saggiamente. Per ogni viaggiatore intelligente, fare qualche ricerca, usare il buon senso e chiedere consigli locali da fonti fidate può fare molto per garantire un viaggio senza intoppi.
Fortunatamente, abbiamo a portata di mano più strumenti che mai: DestinationPride.org, l’Associazione internazionale di viaggi gay e lesbiche oppure per restare in Italia, tour operator come Quicky e Travel Out sono ottimi punti di partenza.
Restare a casa, o restare negli stessi luoghi anno dopo anno, è per me un forte limitarsi. Essendo coraggiosi e avventurandoci in più parti del mondo, scopriamo che magari non è solo bianco e nero come i media vogliono farci credere, ma che è possibile la coesistenza pacifica di più realtà e magari si potrebbe anche scoprire che quel posto è molto più aperto nei confronti del popolo LGBTQI e dei loro diritti di quanto possa esserlo la costituzione politica che lo governa.
Abbiamo anche il potenziale per cambiare la “vita” di quel posto: dopotutto, ovunque nel mondo, ci sono persone LGBTQI che accolgono o gestiscono strutture “queer” e che portano prosperità alle loro comunità locali.
Sia che tu decida di mettere in valigia il tuo bikini o no, o di fare una vacanza alla scoperta delle bellezze storice, paesaggistiche, naturali e archittettoniche di un posto, nel 2019 è tempo di affrontare le tue decisioni di viaggio con ambizione e forse anche con un tocco di saggia ribellione.
Viaggiare in paesi “anti-gay” è dunque possibile, basta fare pace con se stessi e capire bene che tipo di vacanza si sta cercando, e forse, porsi domande sensate e oneste a cui diamo risposte sensate e – sopratutto – oneste.
In sostanza, se sei in cerca di una vacanza a base di divertimento sfrenato (e sai a cosa mi sto riferendo) allora evita paesi non proprio gay-friendly, che la Farnesina poi c’ha già altri problemi a cui pensare; ma se invece sei alla ricerca di nuove destinazioni, sei disposto ad adattarti e rispettare la cultura locale e a (purtroppo) accettare di non manifestare apertamente la tua normalità che però in quel posto potrebbe essere confusa, allora, l’avventura ti sta aspettando!