
Erano appena usciti dal bar Candilejas di via Bentini a Bologna, città conosciuta per la sua inclusività, quando sono stati avvicinati, insultati e violentemente minacciati da un gruppo di giovani, che li hanno poi aggrediti fisicamente alla minaccia di chiamare il 113: è la storia di un 29enne siciliano ed un suo amico che domenica scorsa si sono ritrovati vittima di un’aggressione omofoba.
I due hanno sporto denuncia contro ignoti, descrivendo il gruppo come formato da cinque ragazzi giovani, alcuni forse anche minorenni, che molto probabilmente aveva già preso di mira l’evento che si stava tenendo quella sera nel bar, il quale prevedeva la presenza di alcune drag queen, apparentemente non benvisto da alcuni; infatti, Vincenzo Branà, presidente de Il Cassero LGBT Center, nel raccogliere la testimonianza delle due vittime e diffondere la notizia si è ritrovato a parlare con gli organizzatori dell’evento e coloro che si trovavano lì per dare una mano nell’organizzazione ed ha “raccolto racconti di batture grevi e offensive che già nel pomeriggio (quando nel circolo si allestiva lo spettacolo) venivano indirizzate agli omosessuali, questa volta dagli adulti, non dalla babygang.
“L’aggressione, insomma, godeva di un clima di legittimazione e persino di sollecitazione ed incoraggiamento”, tanto è vero che, a detta delle vittime nessuno è intervenuto in loro soccorso, nonostante ci fossero numerosi testimoni, anzi forse uno di questi, adulto, si sarebbe aggiunto al giovane gruppo di assalitori.
“Eccola l’omotransnegatività, quella che da anni chiediamo di affrontare con azioni di contrasto sul piano dell’educazione, della formazione, della comunicazione. Eccolo il vuoto normativo e i danni che provoca. E attenzione: chi dice ‘sì però loro promuovono la gestazione per altri’ sta riproducendo sul piano culturale lo stesso tipo di legittimazione. Quasi a voler dire che due schiaffoni, in fondo, se li meritano” ha commentato su Facebook Brannà.